Non esiste identità aziendale - parafrasando un passo tratto da un recente articolo di Marina Giannetto - senza una memoria che la alimenti e non esiste una memoria aziendale senza un archivio in cui possa sedimentarsi e consolidarsi. E ancora, «è opinione comune che il rischio maggiore per un archivio non sia tanto […] l’essere disordinato piuttosto che ordinato, quanto l’essere un archivio ordinato ma con un carattere ‘per così dire passivo’, limitandosi semplicemente ad accogliere, tesaurizzare, conservare i materiali che lo sostanziano, finendo così con l’accentuare quei caratteri ‘puramente ricettivi – conservativi’ che hanno connotato in passato» una cultura tradizionalista degli archivi. Attivo è piuttosto «un istituto che […] selezioni, e dunque adotti una politica di completamento dei materiali posseduti, senza divenire con ciò collettore di versamenti indiscriminati, imposti dall’inflazione cartacea del settore pubblico o da un’offerta eterogenea di archivi privati che non sempre risulta coerente rispetto all’identità dell’Istituto», cfr. M. Giannetto, Per una riflessione sulla «questione degli archivi», in «Le Carte e la Storia», 2004, 1, pp. 201-206.

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