Sulla “più felice sorte conservativa” delle fonti fotografiche rispetto a quelle “cartacee” ha detto bene Bigazzi riprendendo un saggio di Luca Borzani: “È tuttavia chiaro che la parte più consistente della documentazione fotografica relativa all’industria è conservata presso i committenti degli studi e delle agenzie fotografiche: le imprese industriali stesse, appunto. Se si tiene conto delle sistematiche distruzioni avvenute per il materiale cartaceo, alle quali si è cominciato troppo tardi a porre a freno, si deve ammettere che la documentazione fotografica ha avuto una sorte più favorevole. Non sono mancate naturalmente le dispersioni, ma l’immagine dell’industria ha potuto giovarsi di quell’ambiguo privilegio per cui la fotografia [appare, a livello di senso comune, una testimonianza autonoma, al tempo esaustiva e sintetica, di qualcosa che è stato]. Anche in un’istituzione industriale come l’azienda industriale, quindi, che tende a eliminare o comunque a ridurre lo spazio e i costi di gestione di tutto ciò che non serve effettivamente alla produzione attuale, le [valenze informative, effettive o estetiche] attribuite alle immagini fotografiche ne hanno garantito, in certa misura, la conservazione”. D. Bigazzi, Gli archivi fotografici e la storia dell’industria, «Archivi e imprese», n. 8, luglio-dicembre 1993, p. 6.

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