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Conservare e "fare rete" in tempi di crisi
di Antonella Bilotto
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A distanza di alcuni mesi dall’uscita del numero precedente è forse utile valutare quanto questo anno di congiuntura economica, decisamente sfavorevole, abbia insistito sul tema a noi caro della cultura d’impresa.
Senza osare previsioni per il futuro, tentando valutazioni un po’ generaliste a consuntivo, in questi mesi ci risulta che le priorità delle imprese, e delle istituzioni culturali (es. Fondazioni) che a ridosso di queste molte volte esistono, si sono concentrate soprattutto sulla conservazione delle fonti. Le operazioni di valorizzazione, che pur si sono presentate, sono state molto contenute anche perché da un lato rendevano conto ai tagli delle disponibilità economiche, dall’altro cercavano di evitare di cozzare con i sacrifici e le drastiche riduzioni, anche di personale, che venivano operati. Di fatto, pur nelle ristrettezze, le imprese non hanno generalmente rinunciato a “comunicare” all’esterno la propria identità, anche se attraverso operazioni culturali di portata meno ampia. Di pochi giorni fa l’apertura dell’VIII edizione della Settimana della cultura d’impresa, organizzata da Confindustria e da Museimpresa, spesso identificata come “vetrina annuale” di imprese e operatori culturali che aprono i propri archivi e musei, anche organizzando eventi, visite guidate e workshop. Ma parliamo in questo caso di una cultura d’impresa ancorata a realtà forti, rappresentate dall’industria o comunque dalla grande impresa, che sono consolidate e hanno capacità di manovra anche in periodi di crisi. Le realtà piccole, il commercio ad esempio, o anche settori meno privilegiati, quali l’agricoltura o l’artigianato, in questi periodi soffrono in silenzio le congiunture sfavorevoli e disperdono con maggiore facilità - alle volte perché cessano di esistere - le tracce della propria memoria. Citando uno stupendo libro appena pubblicato da Maurizio Ferraris per Laterza, Documentalità, la nostra è una società sì della comunicazione ma ancor prima “è in realtà una società della registrazione e della iscrizione”. Il filosofo ci spiega “perché è necessario lasciar tracce”; noi operatori culturali a ridosso delle imprese al momento ci concentriamo sul come fare a non disperderle e con quali risorse.
Sempre in questi giorni, nelle giornate dedicate alla II Conferenza nazionale degli archivi, è stato presentato il portale degli Archivi d’impresa, progetto guidato dalla Direzione generale per gli archivi del Ministero per i beni e le attività culturali. Si tratta, almeno nello sviluppo che dovrebbe avere questo portale, oltre che di un luogo della visibilità di alcuni percorsi imprenditoriali, di una mappatura degli archivi d’impresa in Italia. Una soluzione volta a contenere la dispersione e all’ottimizzazione delle risorse starebbe dunque nel monitoraggio e nella capacità di “fare rete”. In questo senso anche la nostra rivista, che nasce proprio da un gemellaggio tra due istituzioni e si propone come un contenitore di “racconti”, registra uno sviluppo a rete dato da collaborazioni stabili con altre istituzioni che operano nel mondo della cultura d’impresa - a loro volta reti esse stesse - quali Museimpresa e l’Aipai: da questo numero uno spazio fisso sarà riservato anche al Centro on-line Storia e cultura dell’industria diretto dal prof. Luciano Gallino. Da un lato dunque fare rete per ottimizzare le risorse e condividere strumenti e conoscenze, ma dall’altro monitorare il territorio per evitare - o quanto meno controllare - le dispersioni di intere parti di memoria, sollecitando un occhio di riguardo soprattutto verso le pmi, tessuto imprenditoriale del Paese. Per svolgere questa attività di monitoraggio – in scacco in momenti di scarse risorse economiche – è fondamentale la collaborazione tra istituzioni private, ma soprattutto quella con le istituzioni pubbliche, non dimenticando il coinvolgimento delle associazioni di categoria e delle Camere di commercio, per poter rendere conto di un quadro poliedrico e fatto di problematicità diverse, nelle dimensioni e nei contenuti, tra grandi e piccoli, tra forti e deboli, per mantenere e conservare quanto più possibile le tracce di questa memoria.
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