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Gli archivi d’impresa in Sicilia. Una risorsa per la conoscenza e lo sviluppo del territorio
Recensione di Antonella Bilotto

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Nel mese di giugno dello scorso anno l’Università degli studi di Catania, attraverso il Corso di laurea in Scienze dei beni culturali di Siracusa della Facoltà di Lettere e Filosofia, ha organizzato a Siracusa un convegno dal titolo “Gli archivi d’impresa in Sicilia. Una risorsa per la conoscenza e lo sviluppo del territorio”. Il convegno, programmato lungo tre giornate, dal 16 al 18 giugno, ha individuato diverse sessioni di lavoro. Nella parte Introduttiva , oltre ai saluti istituzionali consueti il prof. Gaetano Calabrese ha illustrato le motivazioni del convegno volto ad analizzare la realtà degli archivi d’impresa sul territorio, ipotizzando la costituzione di un Archivio economico territoriale.  Le relazioni hanno riguardato da una parte aspetti trasversali che toccano l’archivistica di oggi: dall’organizzazione degli archivi d’impresa rispetto alle innovazioni tecnologiche (M. Guercio), alla ricerca storica condotta su tali tipologie d’archivio (Giarrizzo). Più focalizzati invece sulla “concentrazione” della memoria in particolari contenitori archivistici sono state le relazioni della seconda giornata.

I casi della Fondazione Piaggio, Fondazione Ansaldo, Fondazione Dalmine e Centro per la cultura d’impresa hanno reso conto della realtà fattuale di ciò che nella teoria era stato espresso in precedenza da Antonio Romiti come “teoria e pratica”. Il racconto delle esperienze di tali soggetti ha scatenato un importante dibattito attraverso il quale si sono evidenziate le differenze di approccio tra coloro che vedono tali archivi con gli occhi delle istituzioni pubbliche e delle università rispetto a coloro che agiscono a ridosso delle imprese. Il punto focale della discussione è passato proprio dalle problematiche legate alla “selezione” della documentazione. Cosa si conserva in questi archivi d’impresa e quali tipi di archivi d’impresa entrano negli Archivi economici territoriali?
La ricchezza del convegno il susseguirsi serrato delle relazioni non ha permesso di sviluppare l’argomento che è stato rimandato agli atti conseguenti. La terza giornata ha riguardato infine lo sguardo trasversale attraverso le operazioni censuarie applicate agli archivi d’impresa.
Tra questi si sono segnalati soprattutto il Censimento degli archivi d’impresa in Sardegna e quello degli Archivi delle imprese editoriali condotto dal Ministero per i beni culturali e dalla Fondazione Mondadori; una ulteriore visione trasversale è stata portata per la Campania (De Divitiis) e cenni erano stati portati in precedenza anche sulle imprese storiche della Lombardia (Bilotto).
Riguardo alla situazione dei Censimenti il quadro appare però troppo frammentario e forse anche i termini metodologici delle rilevazioni non dialogano gli uni con gli altri. Sicuramente al momento risultano essere gli elementi più preziosi di conoscenza e monitoraggio trasversale di questo tipo di archivi che – ricordiamolo – sfuggono spesso a qualunque tipo di indagine. Sono prodotti da soggetti privati e, a parte casi “famosi” ma in percentuale minima, dichiarati di notevole interesse culturale. 
Nello svolgimento delle relazioni sono stati portati casi specifici di archivi d’impresa: soprattutto banche e assicurazioni come spesso accade perché i più formalizzati nel settore, spesso evoluzione di archivi con un’impronta pubblica e quindi più abituati alla costruzione di sistemi di formalizzazione della memoria. Accanto a queste esperienze di conservazione è stata posta l’attenzione anche sulla valorizzazione (Bonfiglio Dosio) con percorsi che sono apparti anche molto anticonformisti e originali come nel caso del settore agro-alimentare (Gonizzi).
La realtà siciliana invece è stata concentrata nell’ultima parte del convegno con interventi che da un lato si sono focalizzati sugli archivi veri e propri, dall’altro hanno incrociato la realtà delle imprese con l’ambiente e il territorio.
In generale il convegno ha quindi avuto il pregio di condividere punti di conoscenza in funzione di un progetto specifico. Troppo poco spazio è stato però dato al confronto rispetto ai temi concreti in generale e in particolare a capire quali tipi di archivi si debbono conservare in un AET o quale forma giuridica dare a tale istituto. Il limite più ampio forse però è stato quello di aver fatto parlare ancora una volta testimoni istituzionali forti quali le istituzioni pubbliche o le grandi imprese. È necessario sottolineare che la grande impresa è un’eccezione: bisogna guardare alla piccola-media impresa o, ancor di più, alla microimpresa per avere un quadro non distorto della nostra realtà economica.
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