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Centro on line storia e cultura dell'industria
Non solo bambole.
L'avventura della Lenci

di Pier Luigi Bassignana

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La mostra Arte e industria a Torino. L'avventura Lenci. Ceramica d'arredo 1927-1937 svoltasi a Palazzo Madama dal 23 marzo al 22 agosto, ha avuto come conseguenza quella di accendere i riflettori su un capitolo poco frequentato della storia industriale di Torino. Il capitolo, cioè, riguardante lo sviluppo in senso industriale di attività estranee all'automobile e, più in generale, alla metalmeccanica, nel periodo fra le due guerre.
La storia della Lenci è, in certo qual senso, emblematica non soltanto per il numero di lavoratori coinvolti ma anche, e soprattutto, per l'influenza esercitata sull'ambiente artistico e culturale di Torino. Quella di Lenci infatti è la Torino delle iniziative industriali, artistiche, culturali di Riccardo Gualino e delle provocazioni intellettuali del secondo futurismo.
Il Centro on line storia e cultura dell'industria ha realizzato il video "La Torino di Lenci" a corredo della mostra e fruibile sul portale www.storiaindustria.it.

Il 23 aprile 1919 Enrico Scavini, agente di commercio, presentava alla prefettura di Torino domanda per ottenere un marchio di fabbrica recante, fra l'altro, la scritta Ludus est nobis constanter industria: motto che Ugo Ojetti aveva costruito con le lettere che formavano il nome "Lenci", vezzeggiativo con il quale in famiglia veniva chiamata Elena König, moglie del titolare.
Se sul piano formale questo era l'atto ufficiale di nascita della fabbrica di bambole "Lenci", in realtà l'origine dell'azienda era da ricercarsi in un evento drammatico che aveva colpito i due coniugi: la morte improvvisa della figlioletta primogenita a causa di una forma di febbre spagnola particolarmente aggressiva. Per reagire alla depressione seguita a tale evento, Elena König si era messa a costruire bambole di pezza, immaginando che potessero servire come gioco alla figlioletta defunta. Inizialmente conosciute nella ristretta cerchia di amici che frequentavano la famiglia, le bambole di Elena König raggiunsero presto un pubblico più vasto, che le apprezzava per la semplicità ma anche fantasia con la quale venivano realizzate.
Il successo fu immediato. Il mondo usciva da una guerra lunga e sanguinosa, lasciando in tutti il desiderio di voltare rapidamente pagina. Le bambole Lenci, allegre e vestite con colori vivaci, rispondevano perfettamente a questa esigenza. In più rispetto alle tradizionali bambole con la testa in ceramica e vestite con crinoline – fragili e costose – avevano il vantaggio di essere infrangibili e di costare meno.
A determinare il successo concorse certamente anche la partecipazione alle grandi rassegne dell'epoca, ad iniziare dalla prima Mostra internazionale di arti decorative, tenutati a Monza nel 1923, dove la Lenci venne premiata con un diploma d'onore. Altri importanti riconoscimenti sarebbero poi seguiti negli anni successivi: particolarmente importanti quello ottenuti nel 1925 a Parigi alla Exposition Internationale des Arts Decoratifs et Industriels Modernes; e a Torino in occasione della Esposizione nazionale del 1928.
Sull'onda del successo la produzione dell'azienda tese ad ampliarsi: non più solo bambole, ma anche abbigliamento infantile, camerette per bambini e accessori per signora. In parallelo cresceva anche l'occupazione, passata dalle poche unità degli inizi (in pratica, una cucitrice ed un modellatore) ai 600 dipendenti del 1930, comportando, tra l'altro, il trasferimento dell'attività dai locali originariamente occupati in via Marco Polo 5, alla più confacente struttura di via Cassini 7.
Con il progressivo ampliamento dell'azienda incominciavano però anche le difficoltà, causate da una concorrenza che si faceva ogni giorno più aggressiva, in quanto, limitandosi a copiare pochi modelli, poteva praticare prezzi più contenuti. Ed è per compensare il calo di vendite dovuto alla concorrenza che, sempre nel 1928, viene avviata la produzione di ceramiche d'arte. A realizzarle saranno chiamati alcuni degli artisti più importanti che operavano in quegli anni a Torino: da Gigi Chessa a Felice Tosalli, da Giovanni Grande a Sandro Vacchetti, da Teonesto Deabate a Mario Sturani.
La produzione di ceramiche contribuirà sì a migliorare i conti aziendali ma sarà impotente di fronte alla conseguenze della Grande crisi del 1929, che farà precipitare i ricavi a livelli infimi. Per evitare il tracollo nel 1933 i coniugi Scavini sono costretti ad accettare un socio esterno, Pilade Garella, che nel 1937 diventerà proprietario unico.
La famiglia Garella assicurerà la sopravvivenza della Lenci per un lungo periodo, sino al 1997, quando la proprietà passerà alla Bambole Italiane srl, che ha continuato l'attività sino al 2002, anno del fallimento e della definitiva chiusura.

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