«Un cantiere che è veramente e non
quasi, una nazione, o, ancor meglio d’una
nazione, l’alveo femminile in cui, gettatovi
il seme del numero, si formano, nave dopo nave,
generazioni di navi che si propagano poi per i mari
del mondo».
Giorgio Caproni, poeta genovese, ammette di aver
scritto una frase ridondante per descrivere il cantiere
Ansaldo di Sestri Ponente, ma d’altronde:
come raccontare le dimensioni del cantiere che ha
generato transatlantici, e il tempo richiesto per
costruirli e le migliaia di uomini che, come «formiche»,
lavorano attorno allo scalo?
Nella prima metà dell’Ottocento Sestri
Ponente era un piccolo borgo agricolo di 5000 abitanti;
i fratelli Cadenaccio avevano già costruito
un cantiere per navi in legno e il Grand Hotel ospitava
gli aristocratici che sceglievano Sestri come meta
di villeggiatura. Pochi decenni dopo, la costruzione
del Cantiere navale Ansaldo, di officine, stabilimenti
meccanici e della manifattura tabacchi fa sì
che Sestri divenga una cittadina operaia
(dal 1926 annessa a Genova per ragioni politiche),
compressa tra i comuni limitrofi e con una densità
abitativa molto elevata (negli anni trenta del Novecento
supera i 37.000 abitanti).
Ma Sestri Ponente non si trasforma solo nel comune
che cresce attorno alle fabbriche. È anche
il sobborgo industriale che impara a vivere «all’ombra»
delle navi in costruzione, le navi spesso di grande
tonnellaggio che si ergono sullo scalo incombendo
sulle case, costruite a ridosso del cantiere. L’interazione
tra impresa e città ha varie
sfaccettature. Da un lato Sestri operaia, cittadella
rossa, che ha vissuto anche momenti di duro
scontro con l’impresa (si
pensi alla vertenza sindacale del 1950 e all’autogestione
del cantiere da parte dei lavoratori, che ultimano
la motocisterna Volere e impostano la costruzione
di una turbonave). Dall’altro la comunità
che vive con orgoglio la costruzione
di prestigiosi transatlantici e di grandi navi da
guerra venduti in tutto il mondo e che fa propri
i ritmi e i tempi del cantiere. Uno dei momenti
culminanti della vita dei sestresi è il varo
della nave, occasione di grande festa e viva
partecipazione; ma anche di incertezza
sulle future commesse. E il rovescio della medaglia:
dopo il varo, molti sestresi cercano di recuperare
il sego e i pani di ghisa che rivenderanno per arrotondare
le entrate (come ben è descritto in Immagini
e spazi urbani. Sestri Ponente 1880-1960, Electa,
Milano, 1986).
In questa sezione proponiamo di cogliere spunti
di riflessione sull’argomento attraverso l’articolo
«Un poeta e un pittore in visita ai cantieri
dell’Ansaldo» di Giorgio Caproni, con
bozzetti di Renzo Vespignani (tratto da Civiltà
delle macchine, I, 1953), citazioni, un filmato
e 12 fotografie della cineteca - fototeca Fondazione
Ansaldo.