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Leadership e buon senso
di Roberto Petrini
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Il Punto

La media dimensione può diventare la terza via per l’impresa italiana? Si può essere ottimisti a patto che si adoperino leadership, buon senso e interventi politici mirati.

Va bene. Ammettiamo pure che non ci resti che la «terza via». Bisogna andare – lo si reclama a viva voce – oltre il declino dei distretti industriali, bisogna cioè superarli dialetticamente, conservando quello che c’è di buono e migliorando quello che non è più adeguato alla globalizzazione e al nuovo Millennio. Al tempo stesso ci si rende conto – per varie ragioni – che la prospettiva della multinazionale tout court, anche sul modello Fiat con un marcato radicamento culturale nel territorio italiano, non è praticabile. Non ci sono, infatti, i tempi e nemmeno le convenienze.
«La prospettiva della multinazionale tout court con un marcato radicamento culturale nel territorio italiano, non è praticabile»
Non resta dunque che la scelta di un geniale compromesso, che ben si attaglia alle nostre capacità e che trova nella mirabile formula della «multinazionale tascabile» una sintesi perfetta. Nomi che una volta erano sconosciuti anche agli addetti ai lavori, oggi cominciano a calcare le ribalte: l’emiliana Ima che fa macchine per imbustare il tè, la milanese Mapei che produce collanti per l’edilizia, la marchigiana Pieralisi leader mondiale dei frantoi oleari.

La strada è finalmente in discesa? Siamo pronti a superare l’handicap del cambio stabile e di un sistema di servizi, dall’energia alle comunicazioni, assai costoso? Potremmo dimenticare sugli scaffali gli innumerevoli studi recenti come quelli di Stefano Prezioso o Rodolfo Helg che ci dicono che le nostre imprese sono assai simili a quelle indiane, modeste di dimensioni e presenti in prevalenza nei settori tradizionali?

Potremmo farlo ma ad alcune precise condizioni. A ben riflettere la media dimensione è concettualmente il frutto di una atteggiamento virtuoso nei confronti dell’esistere:
«La sobria e dura arte dell’impresa può in Italia imboccare la strada della multinazionale tascabile»
Adam Smith, Orazio o Aristotele – come ricorda Paolo Sylos Labini – avevano il chiodo fisso di trovare la via giusta tra i due estremi di ogni problema. Chi può tradurre nella prassi questa precettistica? Solo un imprenditore con le caratteristiche del leader: come diceva Giorgio Fuà, uno in grado di marciare nel gruppo, condividendo un obiettivo in comune con gli altri.

Le caratteristiche accennate – leadership e buon senso – fanno parte del patrimonio genetico degli imprenditori italiani; basta chiederlo a chi se ne intende, a chi li conosce, a chi ha girato un po’ questo paese. Un rischio tuttavia c’è. È quello della manipolazione genetica del Dna dei nostri imprenditori. Se assunte in dosi eccessive, paradossali e fuori misura, finanza, consulenza aziendale, servizi giuridici e legali, ricerca, rischiano di apparire goffe e pretestuose, di fare danni e gaffe. Scimmiottando Wall Street e Hong Kong si rischia di allontanare gli imprenditori italiani, con le loro antenne e il loro fiuto animale, dal prodotto e dal mercato; ma anche dalle fabbriche, dai loro operai e dalle organizzazioni che li rappresentano.

La sobria e dura arte dell’impresa, con la sua fatica e con il suo orgoglio, può in Italia imboccare la strada, moderna e originale, della multinazionale tascabile. Con le accortezze accennate, ma anche con l’ausilio di uno sforzo politico per costruire l’ambiente economico, giuridico e fiscale giusto. È evidente come le necessità di una piccola impresa globale, innovativa e aggressiva, siano diverse da quelle della Coca Cola o della Nestlè. Se è vero che in Italia, come ha spiegato recentemente l’Antitrust, le imprese che non portano sulle spalle il costo dei servizi negli ultimi dieci anni hanno esportato il 20 per cento più della media, bisognerà incidere su privilegi e monopoli. Bisognerà dosare con cura l’introduzione di nuove tecnologie nel processo di organizzazione del lavoro conciliandola con la valorizzazione delle risorse umane non è un caso che in molte delle aziende che già oggi possono vantare l’appellativo di piccole multinazionali, il proprietario conosca i suoi operai per nome e cognome. Bisognerà, infine, dare un indirizzo preciso alla politica fiscale e degli incentivi delle aziende per assicurare un quadro normativo stabile nel quale gli imprenditori possano muoversi.

Non è facile, ma vale la pena provarci.

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