english version
home
editoriale
primo piano
scheda
punti di vista
atti e analisi
recensioni
link
archivio
autori
forum
credits
editoriale
La grande smemorata
di Giuseppe Paletta
Scarica l'articolo in Pdf
Ingrandisci
il testo


L’impresa è un soggetto di memoria, o più precisamente, il punto di coagulo di una memoria prodotta in modo cooperativo da un insieme di attori economici. Al pari degli individui, le imprese operano e ricordano per poter ancora operare. Esse esprimono un bisogno di memoria che nasce dalle loro sequenze organizzative (operatività, verifica del risultato, adeguamento dei comportamenti) che determinano la strutturazione dell’esperienza. Attraverso questi processi, si costituisce una memoria dell’organizzazione data dalla sommatoria delle esperienze di coloro che hanno parte nell’impresa.

Analogamente, questi soggetti esprimono in modo più o meno conscio e dichiarato un bisogno inverso ma parallelo di riconoscimento e di inclusione del proprio operato nella più vasta memoria dell’organizzazione. L’esclusione dei singoli dalla formazione della memoria collettiva è un fattore emarginante che impedisce il formarsi del senso di identità e quindi ostacola la diffusione di atteggiamenti cooperativi.

Uno degli elementi di disequilibrio più comuni nell’impresa è dato appunto dalla negazione di un ugual diritto alla memoria. I differenziali di proprietà e potere, naturalmente presenti in una organizzazione non egualitaria qual è l’impresa capitalistica, determina anche la lesione di un elementare diritto degli individui all’identità e al riconoscimento pubblico della coerenza del proprio vissuto.

Di qui, la nascita, nell’impresa, di memorie differenziate, il cui grado di separatezza indica il livello più o meno cooperativo delle relazioni interne: gli archivi del sindacato, l’archivio del CRAL, gli archivi dei gruppi che si aggregano per età (gruppo anziani) o per competenze tecniche (gruppo ingegneri, ecc.).

Le nuove condizioni in cui la società e i mercati agiscono oggi sotto l’impulso di tempi accelerati obbligano sempre più l’impresa a porsi il problema della memoria come veicolo di formazione di identità coerenti.

La produzione – grande elemento di aggregazione nel passato – è passata in second’ordine rispetto agli aspetti finanziari e ciò ostacola la formazione dell’identità tra produttori che agiva nell’impresa come cemento interclassista; la redditività a breve fa premio su quella a medio termine e ostacola il formarsi, all’interno dell’impresa, di relazioni fondate sulla fiducia (il lungo termine è addirittura scomparso dall’orizzonte previsionale dell’impresa); le strategie labor-saving operano nello stesso senso riducendo il capitale di relazioni fiduciarie che sono alla base della leadership dell’imprenditore o dei manager.

Se questo è lo scenario inevitabile in cui oggi all’impresa è dato muoversi, il bisogno di memoria ne risulta ingigantito: la sedimentazione, la valorizzazione e la condivisione del vissuto aumentano i livelli di coerenza e consenso sociale presenti nell’organizzazione. Alcuni contributi in questo numero evidenziano che lo statuto della responsabilità sociale dell’impresa presuppone la condivisione informativa e la circolazione di una conoscenza trasparente e referenziale; la stessa costituzione di una multinazionale tascabile richiede un legame fiduciario e simbiotico tra l’imprenditore o il manager e le maestranze.

Stretta tra i rigori della concorrenza globale e la ricerca dei fattori distintivi che ne alimentino la competitività, l’impresa deve coltivare la carica motivazionale dei propri collaboratori, dunque non può permettersi il lusso della smemoratezza. All’opposto, essa deve raccontarsi e rielaborare costantemente al proprio interno quadri narrativi nei quali ogni individuo possa misurare la coincidenza della propria storia con quella dell’organizzazione.

Ciò significa che le azioni di tutela e di coltivazione della memoria dell’impresa hanno un significato organizzativo intrinseco che prescinde dall’interesse e dalla destinazione culturale: esse devono essere compiute dall’organizzazione e per l’organizzazione, non devono scaturire dalle preoccupazioni – pur encomiabili – della comunità scientifica. È paradossale, ma il patrimonio culturale delle imprese è un bene troppo importante perché gli imprenditori ne deleghino la difesa agli studiosi.

Torna indietro
 
punti di vista
  Introduzione
La fabbrica
primo piano
atti e analisi
home editoriale primo piano scheda punti di vista atti e analisi recensioni link archivio autori credits

Copyright 2005 © Fondazione Ansaldo, Centro per la cultura d'impresa