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Ripartiamo dalla cultura d'impresa
di Antonella Bilotto
 
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Nell’ultimo numero, che oramai risale a molti mesi fa, ci stavamo preoccupando di quanto la crisi stesse investendo la società e l’economia, cominciando a dare forti segnali negativi anche nel settore della cultura d’impresa. Avevamo preannunciato difficoltà in arrivo come un’onda lunga e differita e verifichiamo a distanza di tempo l’ampiezza del fenomeno che non tende ad allentarsi. Gli enti pubblici hanno ristretto a tal punto le risorse che non sono più un interlocutore per finanziamenti, salvo rare eccezioni mirate su operazioni culturali di altissimo valore. Anche nel privato le imprese, le fondazioni, le associazioni si ritrovano a fare i conti con problematiche diverse dalla valorizzazione del proprio patrimonio culturale, e la stessa conservazione della memoria - e in particolare degli archivi - procede in maniera silenziosa, senza farsi  troppo notare. In gioco c’è la sopravvivenza di tali soggetti e pertanto l’ordine delle priorità è davvero cambiato. Nonostante il contesto le imprese lottano per evidenziare da un lato la longevità come un valore – forse a dimostrare che altre crisi le hanno attraversate nel tempo  – dall’altro un patrimonio di competenze che si impegnano a conservare e che vorrebbero tramandare. Sono in parte le imprese longeve indagate in una ricerca promossa dalla Camera di commercio di Torino e in altra parte quelle che ci vengono raccontate da Danilo Broggi in una breve nota – uscita in questi giorni online - sull’imprenditorialità vista dal lato delle pmi. Perciò, pur restituendo nel numero che qui pubblichiamo uno spaccato sulle preziose attività culturali che si portano avanti nonostante le grandi difficoltà dei tempi – dal racconto dei progetti della Fondazione ISEC o dell’Archivio storico e Museo della Same alla ricerca sui commercianti storici milanesi promossa dalla Camera di commercio di Milano e da Unione Confcommercio -  ci preme evidenziare gli articoli di Sara Roncaglia e Giuditta Brasca, che spostano la nostra attenzione all’interno dell’impresa. Entrambe penetrano la realtà del lavoro e dell’azienda proponendoci una riflessione antropologica. In questa crisi, così focalizzata sui fattori economici e sui numeri, guardare come vengono percepiti i cambiamenti da chi vive l’impresa e come le risorse umane costituiscano il patrimonio immateriale delle aziende stesse è una visuale che andrebbe molto enfatizzata. Dall’analisi delle ragioni e delle motivazioni per cui in determinate imprese il lavoro funziona in un certo modo (l’analisi racconta casi concreti) alla valutazione, anche economica, degli aspetti umani che entrano attivamente nella produzione e si traducono in beni materiali misurabili.

Continuando a credere che la cultura rappresenti un valore da non declassare rispetto ad altri bisogni primari, istituzioni come la Fondazione Ansaldo e il Centro per la cultura d’impresa  vogliono continuare a darle voce anche con questa rivista. Il Centro, in questi giorni, confidando nei benefici derivanti da un rafforzamento delle reti relazionali, ha attivato alcuni canali social. In particolare abbiamo creato le pagine di facebook, pinterest, linkedin credendo nella circolazione facilitata di idee e nella condivisione di beni culturali. A partire da questo numero, in copertina, risiede il collegamento al blog che passa per i social ma va a commentare gli approfondimenti della nostra rivista. Lavoreremo intanto a un prossimo numero in uscita tra la fine del 2013 e l’inizio del nuovo anno.

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