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L'archivio storico Peroni: intervista a Daniela Brignone di Giuseppe Paletta (realizzata il 21 dicembre 2004)

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Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta

G. P.: Vediamo se ho capito bene: nel momento in cui il museo è passato sotto il coordinamento delle relazioni esterne ne sono state accentuate le funzioni di marketing. Il museo diventa una istituzione a una dimensione, mentre l'obiettivo di una seria operazione culturale è di scoprire l'insieme delle dimensioni. Ma in questa attività sei riuscita a produrre servizi per l'impresa, quindi a interloquire con i processi dell'impresa offrendo loro vantaggi organizzativi e una razionalizzazione dei flussi informativi? È una prospettiva possibile?

D.B.: Sì. Se vogliamo si può dire che il miglioramento di funzionalità è il vantaggio principale che l'archivio offre all'azienda. Il marketing, ad esempio, utilizza più frequentemente i servizi dell'archivio perché vi si conserva la storia dei marchi e la storia della comunicazione e del packaging.

Quindi, se occorre fare il restyling della storia di «Nastro Azzurro», si viene in archivio. Poi, siccome nel marketing c’è un frequente turn over di personale, l’organizzazione dimentica le informazioni e quindi predispongo per i colleghi dossier sulla storia dei brand. E devo dire che questa è una cosa che serve tanto e che effettivamente funziona.

Verso l'esterno c'è un filone di rapporti con le Università che inviano tesisti, interessati principalmente alla storia del messaggio pubblicitario, ma l'attività principale rimane quella del servizio all'impresa.

G.P.: Che rapporto c'è?

D.B.: Su dieci richieste mensili, sei o sette provengono dall'impresa, il resto dalle utenze esterne. Non è un archivio frequentatissimo però ha una sua utenza. A limitare le utenze esterne vi sono problemi di accessibilità e di sicurezza, trovandosi l’Archivio e il Museo all’interno di uno stabilimento industriale che funziona 24 ore su 24.

Per fare alcuni esempi di utenti del Museo, strettamente connessi alla vita commerciale dell'Azienda, abbiamo avuto in visita 80 sommelier di Roma o i pizzaioli riuniti a Roma per la manifestazione Pizza Time.

È vero che il Museo e l'Archivio hanno molte potenzialità non sfruttate ma essendo di proprietà dell'impresa, l'impresa decide cosa farne. C'è poca teoria da far conoscere al Top Management, pochi esempi illustri da mostrargli come guida nella nebbia: se l'impresa decide che per quell'anno si fa mantenimento minimo e chiusura al pubblico, questo si fa.

G.P.: Non esiste un sistema di voci autorevoli, ad esempio, un comitato scientifico, che possa far arrivare una sollecitazione al vertice dell'impresa?

D.B.: No.

G.P.: Quindi il museo si comporta pienamente come una struttura dell'impresa. Nessuna presenza di consiglieri in grado di influenzare l'imprenditore, di fornirgli suggestioni.

D.B.: No, soltanto nel momento della realizzazione del museo – il progetto ha avuto un'incubazione di due o tre anni – c'è stata un'opera più corale. È stato costituito una specie di staff, con un responsabile tecnico, un responsabile amministrativo e i responsabili del marketing, una curatrice scientifica, la presidenza come guida e supervisione generale, gli architetti esterni per l'allestimento etc. Sicuramente in quel caso c'è stata una maggiore coralità nella progettazione e nella realizzazione di questo prodotto. Però oggi come oggi no; anzi, nella sua forma definitiva è stato un frutto...un figlio unico nato sotto la grande ala della proprietà.

G.P.: D'altro canto anche la riflessione sulla nuova proprietà e sulla multinazionale è ancora prematura. Spesso le multinazionali si comportano molto male con la memoria storica delle imprese acquisite, come abbiamo visto nel caso della Barilla. Ora credo che sia necessario stare a vedere.

D.B.: Sì, assolutamente. È prematuro dire che cosa si farà. Esistono situazioni molto diverse, in questo campo: a volte è stata proprio la multinazionale a volere una valorizzazione storica dei propri marchi (Ferrarelle, Buitoni/Perugina). La birra Pilsner Urquell di Pilsen nella Repubblica Ceca fa parte del gruppo SABMiller e ha un museo e un archivio storico assai attivi e frequentati.

Certo è una realtà più fruibile che non il Museo Peroni di Roma a Tor Sapienza, ma è comunque un segnale positivo di continuità, di rispetto del valore storico del marchio e dell'impresa per il territorio: sarebbe stupido calpestarlo. Naturalmente, chi vivrà vedrà.

Immagini per gentile concessione dell'Archivio storico Peroni

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