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La Fondazione Piaggio: intervista a Tommaso Fanfani
di Giuseppe Paletta
realizzata il 25 maggio 2007
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Prosegue, all’interno di questa rubrica l’analisi delle istituzioni e strutture culturali generate dal sistema imprenditoriale. La tappa odierna ci porta presso la Fondazione Piaggio di Pontedera e l’intervista è rilasciata dal suo presidente Tommaso Fanfani.


Le motivazioni originarie
Tra pubblico e privato
La governance
Il rapporto tra fondazione e impresa
Riferimenti bibliografici


Tommaso Fanfani: Il progetto culturale della Piaggio nasce dalla volontà di Giovanni Alberto Agnelli diventato nel ‘92 presidente della Piaggio, un’azienda metalmeccanica la cui storia proviene dal lontano 1884. É un uomo molto giovane, in quel momento ha 28 anni e ama molto la storia e la cultura in generale, avverte il significato delle radici di un’impresa, anche da un punto di vista commerciale. Mi ripeteva sempre: “Non sai cosa vuol dire per me andare in Giappone e poter dire che la nostra azienda ha più di cento anni di storia”. Inoltre non è un business man in senso classico: è un uomo con una laurea in Social Science seguita da un master in Business Administration e tuttavia la sua formazione principale è di carattere umanistico.
Il suo approccio è improntato a una forte curiosità: lui avverte l’importanza di ricostruire la storia della propria azienda e lo fa partendo in maniera indiretta - non so se su idea sua o dello staff che lo segue - chiedendo a me, docente di storia economica dell’Università di Pisa, di dare delle tesi sulla storia dell’azienda. L’incipit è la curiosità di conoscerne le origini con una finalità di carattere culturale alto, ma probabilmente anche con una significativa finalità di consolidamento dell’immagine esterna. La mia risposta fu: “Va bene, è possibile, però ci vuole l’archivio: se non c’è l’archivio, non si può fare nulla” e Giovanni Alberto Agnelli, di rimando: “L’archivio storico non esiste”.

È abbastanza singolare che un’azienda del 1884 non disponga di un archivio, è strano che non ci sia nell’azienda un deposito di carte, quantomeno di quelli che io chiamo gli atti dovuti, cioè libri sociali, verbali del Consiglio di amministrazione, di assemblee e quant’altro. Così Giovanni mi dà mandato di cercare nello stabilimento. Mi metto a fare un po’ di indagini interrogando soprattutto i vecchi dipendenti e scopro da uno di loro che fino a qualche anno prima vi era stato un direttore generale, poi divenuto amministratore delegato, Francesco Lanzara, uomo molto sistematico che era solito raccogliere e classificare alcuni documenti del suo ufficio, da lui ritenuti degni di essere conservati oltre i termini previsti dalla legge.
Essendo amministratore delegato, questo voleva dire che nelle sue carte poteva esserci parte se non tutta la storia dell’azienda. Fu la segnalazione che rappresentò una fortuna importante dato che consentì al sottoscritto la scoperta sensazionale, in una parte quasi abbandonata dello stabilimento, di 42 scatole di documenti ben conservati: fu l’incipit dell’archivio. I documenti più remoti risalivano al 1920, mentre la parte più consistente copriva il periodo dal 1943 al 1970, vale a dire l’intero arco della vita aziendale di questo signore. Acquisito il “fondo Lanzara” mi mossi alla ricerca di tracce sulla documentazione Piaggio in altre sedi esterne. La prima naturale ricognizione fu a Genova – Sestri Ponente, luogo di nascita dell’azienda e sede della Piaggio Aero Industries, parte staccatasi nel 1964 dall’unico “albero” di Piaggio & C. Oltre che a Sestri cercai carte e documentazione a Finale Ligure, altra sede storica dell’insediamento produttivo Piaggio fin dal 1903, e cercai presso le agenzie di comunicazione e le agenzie commerciali che avessero lavorato con Piaggio durante i decenni. Feci ricerche a Firenze presso la Leader, a Genova presso l’agenzia di Zancani, a Milano presso Publifoto, nell’archivio storico notarile di Genova, nell’archivio del Tribunale di Genova, alla ricerca – come si fa in questi casi – di documentazione avente per oggetto le trasformazioni societarie di Piaggio, le costituzioni di rami d’azienda, gli acquisti per gli insediamenti, le documentazioni sulle campagne pubblicitarie o sulle normali vicende commerciali di un’azienda metalmeccanica che produce mezzi di trasporto e motori.
Da queste ricognizioni non emerge granché, soltanto il giacimento straordinariamente importante di Genova Sestri che contiene tutti i faldoni degli aerei costruiti da Piaggio dalle origini del 1900 fino agli anni ’60. Ogni aereo aveva il suo faldone. Nei locali dove veniva conservata la documentazione storica dello stabilimento di Sestri e di Finale ho potuto vedere casse piene di materiale documentale soprattutto lastre fotografiche di treni e aerei. Feci compilare un generico elenco descrittivo del materiale disponibile a Sestri e a Finale. Di fronte a tanta ricchezza documentaria non classificata e non accessibile, poi chiudo la parentesi, con Giovanni Alberto ci eravamo convinti di rendere fruibile l’archivio non solo quello di Pontedera, ma anche la raccolta ligure dell’azienda e avviai una lunga trattativa con Rinaldo Piaggio, presidente di Piaggio Aero Industries, nonché nipote del fondatore, Rinaldo senior. Ci fu molta pressione da parte di Giovanni Alberto Agnelli per unificare i due filoni di carte e documentazione; giungemmo alla firma di un protocollo d’intesa che prevedeva il trasferimento a Pontedera dell’archivio storico di Genova-Sestri, la classificazione e l’ordinamento dell’archivio da parte nostra, con l’impegno sia di renderlo fruibile, sia di ritrasferirlo nel momento in cui anche Sestri avesse realizzato le condizioni di realizzazione dell’archivio storico stesso. Parlai con la Sovrintendenza regionale che in maniera ancora informale non pose ostacolo al trasferimento, dietro l’assicurazione da parte nostra del mantenimento della proprietà all’azienda di Sestri. Si configurava pertanto solo un deposito esterno alla Regione di un patrimonio comunque notificato dalla locale autorità di vigilanza sugli archivi d’impresa. Erano gli anni 1992-1993, e l’azienda di Sestri attraversava una fase produttiva e societaria decisamente complessa: ha avuto vicissitudini finanziarie diverse, passaggi di proprietà e alla fine non sono riuscito a dare seguito alla convenzione firmata e non se ne è fatto più nulla. Da quel momento ci siamo focalizzati sul nostro deposito di Pontedera.

Inizia il lavoro di archiviazione del materiale scoperto con due miei giovani laureati, Carlo Corbo e Paolo Pezzini, per i quali, nel ’92, l’azienda mette a disposizione una borsa di studio per ciascuno di loro. Dopo un anno circa, ho potuto presentare al presidente il primo risultato della classificazione-inventariazione per il primo nucleo del nostro archivio storico. Mi ricordo molto bene quando nel salone delle riunioni della direzione Piaggio presentai le slides al giovane Presidente e al suo staff: fu una presentazione che lasciò molto meravigliato lo stesso Agnelli, perché, tutto sommato, si era visto crescere in poco tempo un giacimento cartaceo straordinariamente importante e che conteneva sia documenti contabili che materiale pubblicitario, sia fotografie che disegni, bozzetti, giustificativi e quant’altro. Siamo alla fine del 1993, dicembre mi pare, e la soddisfazione di vedere in bell’ordine le prime centinaia di falconi nei locali ex-commerciale che l’azienda ci aveva destinato porta quasi naturalmente alla domanda: “Se abbiamo un archivio così ricco e importante, perché non facciamo anche il museo? Perché non raccogliamo e ordiniamo le testimonianze produttive più significative?”. Sono i primi mesi del ‘94, quando Giovanni Alberto Agnelli mi porta in questi locali ora adibiti a museo, archivio e sala conferenze e che allora erano in gran parte solo capannoni pieni di materiale, scaffalature, attrezzi, casse di ricambi; qui vi era anche la vecchia fonderia e dunque locali abbandonati da anni e, come tali, degradati, marginali rispetto alle parti produttive dello stabilimento. Le attrezzerie e le diverse funzioni produttive di questi locali erano state trasferite da alcuni anni in nuove strutture e impianti ad ovest rispetto a dove ci troviamo ora. Locali marginali negli impianti di una grande azienda. Per farla breve siamo qui, noi due, e mi dice: “Sono circa 2.500 mq: in sei mesi qui avremo l’archivio e il museo”. Come dicevo era un ambiente quasi devastato e così, invece di sei mesi, sono passati sei anni prima di avere il museo: però ce l’abbiamo fatta e il museo è qui davanti a noi. Purtroppo Giovanni Alberto Agnelli è morto nel ’97 a 32 anni di età e non ha potuto vedere completata una realizzazione in cui aveva fortemente creduto e che proprio per questo porta il suo nome. Accanto al museo, l’altro elemento fondativo del progetto culturale Piaggio è stata la Fondazione Piaggio. Dei tre elementi - archivio, museo e Fondazione – quest’ultima credo sia quella significativamente voluta da Giovanni Alberto Agnelli come cerniera tra impresa e territorio.
Il fulcro della sua visione è stato quello di considerare la Piaggio come uno degli elementi intimamente costitutivi di questo territorio e una città come Pontedera come una company town. Negli ultimi anni l’economia locale si è diversificata, ma fino a qualche hanno fa, questa impresa era la principale fonte di reddito del territorio. Nelle lunghe chiacchierate, alla fine il rapporto aveva perso ogni formalità aziendale ed eravamo divenuti amici, Giovanni Alberto Agnelli sintetizzava la sua visione con queste parole: “L’azienda non ha soltanto una funzione di produzione della ricchezza, l’azienda deve essere un soggetto che restituisce valore al territorio e che comunque deve sapersi interfacciare con esso in maniera più problematica rispetto a quella che è la pura e semplice produzione di ricchezza”. Nel ’93-‘94 egli parlava di funzione sociale dell’impresa quando ancora gli studi su questo argomento erano pionieristici e poca attenzione veniva portata al rapporto tra azienda e stakeholders.

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