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La Fondazione Piaggio: intervista a Tommaso Fanfani
di Giuseppe Paletta
realizzata il 25 maggio 2007
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Le motivazioni originarie
Tra pubblico e privato
La governance
Il rapporto tra fondazione e impresa
Riferimenti bibliografici

 

La Fondazione Piaggio nasce dalla cooperazione tra l’impresa, che vi partecipa aper il 50% e due enti locali: il comune di Pontedera e la provincia di Pisa, che partecipano per il 25% ciascuno. Il Consiglio d’amministrazione è formato da 8 consiglieri, 4 di nomina pubblica e 4 di nomina privata. Il fondo di dotazione è conferito per il 50% dalla Piaggio e per il restante 50% dai due enti locali ed è questo l’elemento che meglio esprime il senso della nostra operazione culturale: si vuole che la Fondazione sia non soltanto elemento di prestigio culturale e d’immagine per l’azienda, ma anche e soprattutto elemento e perno del rapporto tra impresa e territorio, tra cultura e impresa. La fotografia che vedi è stata scattata nel corso della prima iniziativa pubblica della Fondazione. Era il 30 maggio 1995 e a Firenze, nella sede della Regione Toscana, la Fondazione presenta un pacchetto di orientamento universitario per gli studenti: “Il filo di Arianna”. Lo avevo avuto dalla Fondazione Agnelli di Torino. All’affollata presentazione oltre a Giovanni Alberto Agnelli partecipano Riccardo Varaldo, Direttore della Scuola S. Anna di Pisa, Mario Garzella, Amministratore Delegato di Piaggio, Alessandro Pinelli, responsabile delle Relazioni esterne e il sottoscritto.

Quindi, un avvio orientato al mondo della formazione, all’orientamento alla scelta degli studi universitari. Da lì in poi la Fondazione ha dato vita a una serie di iniziative, di attività, soprattutto nel terreno della cultura spaziando dall’economia alla giustizia e ospitando, dopo la disponibilità degli spazi nel Museo, spettacoli teatrali, mostre d’arte e manifestazioni di vario genere. Sostanzialmente il core della Fondazione mira alla mobilitazione della cultura nel territorio, non solo di Pontedera, ma della Toscana, e, sicuramente senza averlo preventivamente immaginato, nel momento della progettazione, può condurre ad interpretare il territorio che condivide con Piaggio la diffusione del proprio prodotto. Questo è un po’ il senso delle origini del progetto culturale Piaggio: c’è da dire che Giovanni Alberto Agnelli avviò il progetto, ma quando lui è morto nel ’97 il museo non era ancora costituito, la Fondazione aveva due anni di attività e solo l’archivio, tra i tre elementi, era quello ormai più consolidato. Si era insomma agli inizi del progetto e nel ’97 c’è stata una fase di incertezza su quello che poteva essere il futuro del progetto culturale di Piaggio.
Il presidente in quel momento è Alessandro Barberis che condivide pienamente il progetto di Giovanni Alberto Agnelli e lo avverte quasi come impegno morale nei confronti di questo giovane imprenditore che credeva all’integrazione tra gli obiettivi di responsabilità sociale e di sviluppo produttivo dell’azienda. Il 29 marzo del 2000 viene inaugurato il museo Piaggio: è il momento di arrivo e di consolidamento di un processo durato quasi sette anni. In quella data viene esposta al pubblico nazionale e internazionale la raccolta dei veicoli Piaggio. Il museo era ancora molto modesto rispetto a quanto non si veda oggi: il numero dei veicoli era molto inferiore, l’allestimento più spartano, non c’era ancora tutta la coreografia, la comunicazione che abbiamo inserito da allora ad oggi. Però di fatto il museo nasce, quindi il progetto culturale ormai cammina sui tre elementi portanti: archivio, museo, fondazione.

Nel 2000 l’azienda conosce una fase critica: sia alla fine degli anni ’90, sia all’inizio del nuovo secolo, l’azienda attraversa un periodo di crisi produttiva che raggiunge toni drammatici nel 2003. L’indebitamento era talmente elevato che ci si domandava veramente come poter continuare a mantenere in vita l’azienda e, di conseguenza, la stessa Fondazione. Sono fatti noti e li richiamo soltanto: nell’ottobre 2003 il controllo della società passa a Roberto Colaninno. Il momento ha aspetti economico-finanziari di grande tensione che il nuovo Presidente affronta immettendo nell’azienda capitale fresco e avviando una complessa strategia di risanamento. La priorità era la sorte dell’azienda e con essa di migliaia di posti di lavoro, per cui il progetto culturale poteva in quel momento passare in secondo piano, se non registrare una battuta d’arresto. Invece Colaninno fin dall’inizio esprime la sua sostanziale condivisione sul progetto culturale e pone problematicamente la “ripresa” dell’attività della Fondazione discutendone con i soci pubblici, in particolare con il Comune di Pontedera. Il nuovo Presidente si è trovato un’architettura culturale consolidata, l’ha condivisa, ne diviene un sostenitore fin dall’inizio e ancor oggi esprime la sua responsabilità e partecipazione, al punto che il Presidente della Società e i due Direttori generali siedono nel Consiglio d’amministrazione della Fondazione. Ci si può chiedere come un uomo della finanza italiana, passato all’operatività di un’impresa di produzione metalmeccanica, manifatturiera, possa nella fase più critica dell’azienda e nel momento in cui la strategia di risanamento assume aspetti quasi drammatici e richiama tutte le risorse umane e finanziarie disponibili e possibili, come mai e dove trovi la molla motivazionale per continuare ad impiegare risorse in un progetto immateriale, un progetto di affermazione culturale al servizio del territorio. Le risposte possono essere molte e credo che solo Roberto Colaninno potrebbe darle senza timore di smentita. A mio modo di vedere nel progetto culturale Piaggio prevale la funzione della responsabilità sociale e la visione del rapporto tra azionista e aspettative degli stakeholders assume la connotazione di chi è convinto che esistano frontiere di attività immateriali funzionali agli obiettivi strategici dell’azienda. Voglio dire che nell’imprenditore e nell’azienda si consolida la convinzione per cui perseguire obiettivi legati alle aspettative del territorio rappresenta da una parte il comportamento consapevole per connotare la valenza “etica” dell’impresa stessa; dall’altra, può contribuire ad accrescere la visibilità dell’azienda sul mercato, alla luce anche dei risultati di molteplici studi e indagini sulle preferenze del consumatore a favore dei prodotti dell’impresa che investa in cultura, in progetti di solidarietà, in valore immateriale. Roberto Colaninno ha respirato l’aria di Olivetti, l’aria di Ivrea dove prende avvio la sua attività di manager e di imprenditore. Posso confessare che quando ci siamo rapidamente confrontati sulle strategie, sulle politiche della Fondazione ho sentito qualche riferimento ad esempi che vengono da molto lontano e che credo possano contribuire nella storia di un imprenditore alla sua piena adesione a un progetto orientato dalla funzione sociale dell’impresa.

Ritornando al “posizionamento” della Fondazione, la migliore riprova della riuscita del progetto culturale di Piaggio e quindi della sua funzione di cerniera strategica tra impresa e territorio, si è avuta anche in certi momenti di tensione nelle relazioni sindacali e di conflittualità interna, o nelle relazioni tra impresa ed enti locali. Non svelo nessun segreto dicendo che in alcuni dei momenti più critici in questi locali spesso si sono incontrate le rappresentanze sindacali e aziendali, o le rappresentanze dell’azienda con gli esponenti del governo pubblico locale: insomma la Fondazione in particolari momenti ha funzionato come camera di compensazione in un territorio in cui i conflitti sono sempre stati molto accesi e la dialettica molto vivace.
Quindi, il bilancio di questo istituto è quello di una funzione culturale importante, strategica per il territorio, condivisa dagli enti locali, ma anche di una funzione di compensazione per aspetti non strettamente culturali.

Dal punto di vista dei soci pubblici, la Provincia di Pisa e il Comune di Pontedera, c’è sempre stata la condivisione dei nostri progetti. Abbiamo immaginato e programmato assieme le attività anno per anno, sempre condividendone le linee strategiche, le iniziative stesse, le grandi scelte e le scelte più particolari di un evento, di una mostra, di un convegno.
Armonia e condivisione credo siano un esempio abbastanza raro di fondazione mista e paritetica tra pubblico e privato che è riuscita e riesce a soddisfare sia le aspettative di un socio privato – che dai propri investimenti attende, in modo eticamente ineccepibile, una redditività -, sia le istanze degli enti locali che invece utilizzano parametri molto diversi per valutare l’attività culturale e i suoi ritorni.

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