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Ciminiere e simbolismo sociale
di Fabrizio Trisoglio

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Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra

(Esodo 11:4)

 







Nella rappresentazione culturale di un’ambizione al primato materiale, morale o ideologico, l’uomo ha frequentemente fatto ricorso alla dimensione verticale: monoliti, torri, campanili, ciminiere e oggi i grattacieli della grandi multinazionali nascondono nella loro trasfigurazione percettiva un’immagine di potere.
Riferendoci all’era industriale, la ciminiera rappresenta indubbiamente un segno architettonico ma anche la rappresentazione forte di una volontà di dominio; come la torre campanaria, simbolo “divino” e “laico” del tempo medievale, la ciminiera è stata oggetto di una profonda disputa tra due contendenti, diversi, ma altrettanto agguerriti: la borghesia imprenditoriale e il proletariato. 
Nell’atto di questa contesa che durerà per più di un secolo, è solo verso la fine del XIX secolo che questo elemento architettonico incomincia essere assunto a simbolo e riconosciuto tra i segni del potere grazie soprattutto alle rappresentazioni artistiche. Le ciminiere da elemento pittoresco incominciano a riassumere in sé tensioni sociali forti e una nuova semantica.
La borghesia, all’apice del suo controllo economico, politico e culturale, vide nella raffigurazione della ciminiera l’emblema di una nuova nobiltà del lavoro, un elemento identificativo della propria affermazione sociale  nei confronti degli altri ceti: aristocrazia terriera, elite militari, clero.
È nei marchi di fabbrica, nei titoli azionari e nella comunicazione d’impresa che questa icona di potere raggiunge il culmine; la ciminiera viene ingigantita, il fumo che ne scaturisce oscura il cielo, sottolineando la potenza produttiva che essa stessa contiene.

 
 
fig. 1
 
fig. 2
 
fig. 3

Nelle carte intestate e nei marchi questo oggetto di autorità lentamente prende il sopravvento sui campanili, le torri e gli antichi simboli di potere: esempi ne sono la carta da lettera della Rossi d’Angera (fig. 1) e il marchio di fabbrica della Società anonima Tensi (fig. 2); nel primo caso la ciminiera si contrappone simmetricamente alla torre del castello, simbolo antico del potere militare, mentre nel secondo alla Madonnina del Duomo di Milano, simbolo del potere ecclesiastico. È singolare confrontare quest’ultima immagine con una foto d’inizio secolo raffigurante il Duomo e la vicina Centrale elettrica di Santa Radegonda (fig. 3), impossibile non notare come la ciminiera e la guglia più alta della cattedrale si sfidano una accanto all’altra servendo certamente da modello per raffigurazioni simili.
Evidente dunque è la comparsa di un nuovo elemento di supremazia accanto ai precedenti che hanno dominato l’orizzonte per secoli: i campanili, i beffrois (torri campanarie civili numerose in Belgio e nel nord della Francia), le torri dei castelli vengono ora sfidate in altezza dall’espressione forte e tenace di una identità fino a quel momento senza riconoscimento.
Non si può ignorare assolutamente anche l’importanza assunta da questa raffigurazione nell’ambito della comunicazione d’impresa; l’oggetto diviene protagonista assoluto sia nelle copertine dei medaglioni d’impresa sia nei manifesti pubblicitari.
fig. 4

Esempio di questo processo è sicuramente la copertina di “Veni VD Vici” (fig. 4), una preziosa pubblicazione edita dalla Società anonima Verzocchi in cui l’attività e la storia dell’impresa viene raffigurata attraverso illustrazioni di noti artisti del tempo come Mario Stroppa, Fortunato Depero, Marcello Dudovich, Pietro Marussig, Giovanni Greppi e Marcello Nizzoli. Attraverso le immagini vengono esaltate le qualità dei mattoni refrattari V&D, quali la resistenza e la durezza, mentre sulla copertina viene rappresentata una selva di ciminiere che, a piramide, vengono a sostenere e ad enfatizzare il prodotto, evidenziando non solo l’idea di produttività ma anche quella di potenza dell’impresa, più volte ripetuta nelle illustrazioni presenti all’interno.
fig. 5

Trovare un’immagine esemplificativa della comunicazione pubblicitaria è un’impresa ardua: sono numerosissime le illustrazioni, gli opuscoli e i manifesti simbolo di questa tendenza, molti dei quali elaborati da artisti di grande spessore come Mario Stroppa. Emblematica è la raffigurazione dello stabilimento Pirelli della Bicocca (fig. 5) sulla copertina del periodico del Touring Club Italiano del giugno 1912, Mario Stroppa consacra la ciminiera come l’elemento focale da cui sorge l’anima imprenditoriale dell’azienda evocata magistralmente dal fumo che sfila nel cielo sotto la forma dell’iniziale dell’impresa.
Se l’impresa genera promozione sociale e rimescola gerarchie consolidate, ciò vale non solo per gli imprenditori, ma anche per il proletariato figlio del sistema di fabbrica.
Il proletariato dall’ultimo decennio del XIX secolo ha contrapposto un’immagine del tutto diversa della ciminiera. Vista come simbolo di coesione e di lotta, essa prolifera nelle numerose illustrazioni dei periodici di ispirazione socialista, ma anche in cartoline, ciclostilati, caricature e in alcuni casi (è il caso della Russia e della Polonia) in veri e propri manifesti di stato (fig. 6).
 
 
fig. 6
 
fig. 7
 
fig. 8

Le ciminiere svettanti nel “sole dell’avvenire” (fig. 7/8) rappresentano la nascita di una coscienza comune da cui partire per la creazione di un mondo migliore. La fabbrica diventa il luogo e il simbolo di una nuova classe sociale e la ciminiera diviene il punto da cui sventolare orgogliosamente la propria bandiera.
Numerosi sono gli esempi visivi di queste raffigurazioni sia nei quotidiani politici come l’«Avanti!» sia nelle illustrazioni minori che nelle cartoline-ricordo. Importante diviene in questo percorso la satira politica, impossibile quindi non citare il peso dei disegni di Giuseppe Scalarini (fig.9) e delle illustrazioni dell’«Asino» o del «Simplicissimus» (fig.10) nell’ottica di una visione completa del fenomeno.

 
 
fig. 9
 
fig. 10
 
fig.11

Tra la mole immensa di materiale disponibile, il manifesto rappresenta sicuramente il filone principale di questa identificazione. Parla chiaro negli anni della contestazione un’immagine forte e inequivocabile come il pugno chiuso alzato di «Lotta continua» (fig. 11) dove la ciminiera si muta in braccio trasformandosi in simbolo di una dura lotta politica e sociale.
Dopo anni di contrasti  e di lotte la progressiva decadenza delle ideologie ha aperto un momento di riflessione: la ciminiera è ormai entrata nell’immaginario collettivo come simbolo della società industriale e degli attori che l’hanno animato. Grande merito di questo va sicuramente agli artisti, che attraverso la loro sensibilità e le loro rappresentazioni, hanno aperto, in un lungo percorso di trasformazione, la sfera dell’estetico a una parte dei nuovi soggetti importati dalla modernità. Grazie a grandi nomi come Seurat (fig. 12), Rousseau, Boccioni (fig. 13), Sironi (fig. 14), Otto Dix e molti altri, meno conosciuti ma non meno importanti, questo processo è entrato in moto.

 
 
fig. 12
 
fig. 13
 
fig.14

Lo choc visivo e percettivo profondo portato dalla Rivoluzione industriale pare assolutamente assorbito e con esso distillato l’insieme di forze che ha reso questo periodo unico nel suo genere. D’altro canto, la progressiva diffusione della disciplina dell’archeologia industriale ha dato luogo al recupero di quelle basi materiali su cui oggi potere fondare un principio unico di identità. Condivisione di valori che si è pian piano estesa alla popolazione creando una coscienza comune di fronte ai resti materiali e immateriali dell’industrializzazione. Testimoni di questo sviluppo possono considerarsi la Tate Modern Gallery di Londra e l’emblema della squadra di calcio del Motherwell. Il primo, ex centrale termoelettrica costruita da Giles Gilbert Scott, non è più luogo di produzione; oggi riutilizzato come museo d’arte contemporanea rappresenta invece uno spazio nuovo dove arte, industria e memoria collettiva si fondono creando all’ombra della propria ciminiera un punto d’incontro per tutte le comunità. Il secondo, di natura più popolare, mostra come la città stessa con le sue caratteristiche ciminiere sia diventata parte di una collettività a tal punto da essere raffigurata orgogliosamente sull’emblema della squadra di calcio locale.
Oggi le ciminiere  sono rimaste le ultime vestigia delle grandi cattedrali del lavoro del passato, esse possono aiutarci a conservare la memoria storica di un periodo complesso e assolutamente travagliato dove far nascere un punto d’incontro e di condivisione comune, libero da ideologie e sentimenti di parte, nel quale condividere quelle radici forti che l’era industriale ha posto sotto i nostri piedi.

fig. 15

Filippo Carcano nel quadro Religione e lavoro (fig. 15) del 1906, purtroppo disperso, mostrava  un’associazione provocatoria e profetica; una chiesa e alte ciminiere fanno da scenario naturale all’azione degli individui in processione provocando una forte antitesi: a un secolo di distanza possiamo constatare qualcosa di diverso, il riconoscimento di una “religione” laica basata sul lavoro, i cui simboli, condivisi da tutti, rappresentano, inequivocabilmente, la memoria dell’industrializzazione.
All’alba del nuovo millennio, dopo il tramonto del secolo delle ideologie e delle lotte di classe, la ciminiera può diventare finalmente simbolo condiviso di un reciproco riconoscimento sociale.

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