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Gli archivi d'impresa in Toscana dal 1982 ad oggi
di Renato Delfiol

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Quando si viene a trattare degli archivi d’impresa in Toscana ancora spesso si fa riferimento alla Guida pubblicata nel 1982 che riassumeva i risultati dell’attività di censimento avviata nel 1979. Perché in quell’anno? Per la fortunata coincidenza di tre fattori: quella che oserei chiamare l’“imprenditorialità storica” di Giorgio Mori, presidente della Commissione di storia dell'industria del Cnr, il quale invitò la Soprintendenza al compito; la recettività, la passione e la determinazione dell'allora soprintendente Francesca Morandini (che da poco ci ha lasciato e alla quale vorrei, proprio dal punto di vista degli archivi d’impresa, fare omaggio); l’assunzione di tre nuovi funzionari (fra cui il sottoscritto) presso la Soprintendenza archivistica, il cui organico era fino ad allora ridottissimo. Credo che l’operazione sarebbe stata poi senz’altro più limitata se l’istituto non avesse ottenuto una macchina di servizio ed adeguati stanziamenti per gli spostamenti, cosa che penso fu appoggiata dalla presenza all’Ufficio centrale del Ministero di Marcello Del Piazzo e di Paolo Tournon, che con lungimiranza valutarono in senso positivo un’esperienza nascente.
Non era stata questa la prima operazione di tutela in questo campo da parte della Soprintendenza, c’erano stati anche prima di allora altri interventi, perché l’archivista è abituato a considerare oggetto della sua attività i fondi importanti di qualsiasi provenienza. Già nel 1959 fu emesso il provvedimento di vincolo sull'archivio dei Cantieri Orlando di Livorno cui seguirono, in vent’anni, altre sei dichiarazioni per gli archivi della Piaggio, della Casa editrice Barbera, della Sancholle Henraux di Seravezza, delle Terme di Montecatini, della Società Mercurifera Monte Amiata, della Casa editrice Sansoni. Né la Soprintendenza poteva fare di più, dovendo tenere sotto controllo gli archivi dei 284 comuni, di altri enti pubblici e privati e dei numerosi archivi familiari. Inoltre alcune imprese erano vincolate ope legis, come le banche pubbliche (per esempio le Casse di risparmio). La vigilanza sugli archivi delle imprese industriali pubbliche invece cominciò contemporaneamente a quella sugli archivi delle imprese private, anche perché la loro forma giuridica (vedi l’Enel o la Rai) era privatistica e da questo punto di vista dovevano essere considerate, senza riguardo alla natura del capitale. Da questa attività continuarono a rimanere escluse le imprese statali (i Monopoli, le Poste) perché i loro archivi erano “sorvegliati” dagli Archivi di stato. Su questo punto la situazione è recentemente cambiata dopo le privatizzazioni, con la trasformazione di alcune delle stesse in società. Le Soprintendenze sono così divenute titolari della loro vigilanza.
Il volume citato, che raccolse i risultati della campagna di censimento iniziata nel 1979, elencava 93 aziende. Non erano state comprese le banche, che allora cominciavano a valorizzare autonomamente, anche se non ancora in Toscana, i propri archivi.
Il volume è stato un buon inizio. Spesso ci viene domandato se non ne esista un aggiornamento perché intanto il numero degli archivi d’impresa censiti è aumentato. Attualmente sono circa 200, dei quali alcuni sono provvisti di inventari e di elenchi, altri di brevi note descrittive. Non tutti gli archivi censiti sono stati dichiarati.
Un aggiornamento sarebbe invero più che mai necessario, il censimento pubblicato presenta dati per lo più non rispondenti alla realtà. Ciò è dovuto soprattutto al tempo trascorso, con i suoi vari risvolti. Innanzi tutto l’eliminazione degli atti considerati inutili. Le dichiarazioni che furono fatte in un primo tempo comprendevano per lo più tutto l’archivio, implicitamente anche i documenti ancora non prodotti. In altre parole l’impresa dichiarata avrebbe dovuto, a norma della legislazione allora vigente (ma anche dell’attuale) richiederci l’autorizzazione per eliminare ciò che sembrava superfluo e l’archivio sarebbe continuato così fino ad oggi. La magistratura, pronunciatasi in caso di ricorsi, ha riconosciuto che la dichiarazione valeva anche per il futuro.  Ma c’è stata una generale inadempienza della legge. Pochi imprenditori hanno presentato gli elenchi di scarto (spesso nemmeno le banche di diritto pubblico). Si sarebbe dovuto denunciare decine di persone? Per sanare questa situazione, non appena sono diventato responsabile del settore ho cominciato a dichiarare solo la documentazione che veniva riconosciuta essenziale in base ad un accordo tra Soprintendenza e imprenditore. Ciò ha significato sacrificare qualche serie ma ottenere una migliore e continuativa integrità. Ogni imprenditore vuol vivere tranquillo: era più facile mettere da parte la documentazione così dichiarata che scervellarsi ogni volta per organizzare l’operazione di scarto. Col trascorrere del tempo, poi, si moltiplicavano i cambiamenti nelle strutture societarie: vent’anni sono un’eternità per molte imprese, comportano accorpamenti, fallimenti, vendite, trasferimento di stabilimenti e, sul piano archivistico, cambiamento di sede, cessioni, depositi, conservazioni alternative. Si può dire in generale un trasferimento significa una perdita di documentazione.
Occorre quindi tenere presente che gli archivi d’impresa, una volta censiti, non sono definitivamente acquisiti per la consultazione: non sono enti pubblici, non sono famiglie i cui archivi, stratificati nel tempo, sono destinati a rimanere presso le stesse oppure ad essere depositati in strutture di conservazione. Le imprese sono entità in continuo divenire. Denominazioni, indirizzi, articolazioni mutano continuamente. Quindi credo che per divulgare i risultati sia obbligatorio usare un mezzo rapidamente aggiornabile, quale quello informatico. Se si volesse pubblicare qualcosa a stampa sarebbe meglio costituire delle “guide di territorio”, destinate ad uno studio dei presupposti dell’attività economica e delle sue realizzazioni in una data zona, comprendendovi entità esistenti od ormai cessate, fornendo degli strumenti di lavoro che rimangano stabili anche quando mutino le condizioni materiali. Negli ultimi anni l’amministrazione archivistica ha iniziato ad usare anche per queste tipologie archivistiche il programma Siusa (Sistema informativo unificato delle soprintendenze archivistiche), che ha lo scopo di mettere on-line le fonti di proprietà privata o pubblica vigilate appunto dallo stato. I risultati sono incoraggianti anche se i programmi di schedatura sono in continua evoluzione per permettere una sempre più puntuale registrazione delle condizioni. In Toscana siamo però solo agli inizi. Mentre scrivo non c’è ancora niente di nostro on-line e stiamo facendo la sistemazione preliminare dei dati disponibili per una serie di archivi tra i più notevoli. Darò un quadro della situazione delle imprese censite nel volume, fornendo, settore per settore, dati nuovi o nuove situazioniPdf.
 
 

Giudicando il lavoro di tutela compiuto fino ad oggi vorrei sottolineare il valore primario del provvedimento di vincolo, cioè la dichiarazione di notevole interesse storico (ora “dichiarazione di interesse storico particolarmente importante”). L’esperienza ha insegnato che l’archivio dichiarato può andare incontro a problematiche di dispersione e danneggiamento; ma tali pericoli sono maggiori e di più difficile gestione se l’archivio non viene dichiarato; nel caso delle aziende maggiori buoni risultati si possono ottenere anche con accordi tra la Sovrintendenza e la proprietà o con dichiarazioni d’intenti svolte in ambito pubblico; ma non sappiamo quanto essi rimangano costanti nel caso di scioglimenti o accorpamenti dell’impresa, che spesso si accompagnano a variazioni nel personale sia esecutivo che dirigente o alla soppressione dello stabilimento presso cui si trovano gli atti. Anche per quanto riguarda la consultabilità degli atti la dichiarazione costituisce una base sulla quale potere garantirla, con la sola esclusione degli atti riservati.
Un altro presupposto del lavoro di censimento è – questo è un mio chiodo fisso, che già più volte ho esposto – la struttura di conservazione dove ricoverare gli archivi in pericolo che via via si scoprono. Fin qui ci siamo mossi utilizzando gli spazi dei vari organismi presenti sul territorio. Va notato che per un amministratore scoprire di avere un archivio storicamente degno di nota spesso non è percepito come un vantaggio, ma come una grana. Ci sono, è vero, tra le maggiori imprese, titolari che comprendono il valore che un archivio storico può avere quale strumento di promozione ma non è questa la generalità. L’ideale sarebbe una struttura pubblica, ma è anche possibile cercare di volta in volta un partner disponibile. Più volte abbiamo cercato, con la collaborazione di Camere di commercio, associazioni industriali, Comuni, Province, anche singole imprese, di individuare spazi disponibili nei quali concentrare gli archivi che per varie ragioni non potevano rimanere nella loro sede naturale. Degli spazi tout court naturalmente non hanno molto senso perché si crea una frammentazione che è difficile ricomporre: occorrerebbe creare un istituto indipendente. In alcuni casi siamo arrivati vicini alla realizzazione, poi è mancato un finanziamento o magari una volontà singola però indispensabile al progetto. Direi che solo in un caso c’è stato il coinvolgimento fattivo di un partner privato: il caso del censimento in provincia di Pisa (secondo progetto) dove la Fondazione Piaggio accettò di essere la struttura di riferimento per gli archivi. Poi il censimento si fermò per altre cause.
Invece i tentativi di creare dei centri per la raccolta degli archivi, tutti abortiti, hanno riguardato le province di Livorno e Pisa, due volte quella di Firenze, quella di Arezzo e due volte quella di Prato. I progetti si sono fermati per le più varie cause: mancanza di finanziamenti, venir meno della volontà degli enti, scomparsa dalla scena pubblica di qualche personaggio politico che aveva dato il suo appoggio.
Come sedi alternative abbiamo utilizzato quindi sempre l’esistente.
Gli Archivi di stato hanno fatto una parte importante: Firenze ha accolto l'archivio Sansoni, quello della Superpila, quello del Segnalamento marittimo aereo (che integra l'archivio privato di Nello Carrara, propulsore di quella azienda, donato dagli eredi), quello delle Officine Galileo (un residuo, purtroppo, anche se costituito essenzialmente da un fondo di disegni assai ampio), della Gover, dell'Emporio Duilio 48 (una istituzione per Firenze, risalente all'Ottocento) oltre a quelli, più recentemente censiti, della Saimon-Medicea-Maconf (aziende del periodo 1950-80, che quindi documentano le scelte industriali fiorentine degli anni del “boom”), del residuo della Fonderia Officina Cure, della compagnia di trasporti Meoni, della De Micheli impianti, ricco di migliaia e migliaia di progetti che riguardano costruzioni di impianti civili in tutta Italia, della compagnia di assicurazioni Firenze, dell’azienda di televisori Emerson. Ha inoltre acquisito la documentazione storica di Poste italiane spa che va a completare il fondo di documentazione statale. Giova forse ricordare che l’Archivio di stato di Firenze conserva il settore più antico e importantissimo dell’archivio delle Società già tenuto dai tribunali (Tribunale di Firenze, Atti in materia di commercio-Atti di società dal 1883) che, assieme alle precedenti ratifiche di atti di fondazione societaria, permette la ricostruzione storica dell’attività imprenditoriale fiorentina nei suoi primordi.
L’archivio di Prato (provincia costituita dopo il 1982) ha acquisito la Razzòli (che sono in realtà tre imprese, oltre alle carte del fallimento).
Arezzo ha accolto l'archivio della Sacfem e quelli delle imprese cooperative che ne hanno continuato l’attività, della storica Fonderia (di campane) Bastanzetti e del Lanificio di Stia (poche carte residue, purtroppo). Lucca l'archivio del Molino Pardini mentre acquisirà quello della Cucirini e Cantoni dello stabilimento di Acquacalda. Livorno conserva già vari imponenti fondi dei Cantieri Orlando e ancora rimane l’ultimo e forse più cospicuo, nonché il nuovo archivio della Borma. Siena ha recentemente ottenuto l’archivio della Delta costruzioni, importante cooperativa edilizia toscana. Massa l'archivio della Bechini & Ciuffardi, un’azienda marmifera; Pistoia l'archivio della Conceria Cecchi di Pescia ed è disponibile ad accogliere l’archivio delle Terme di Montecatini se maturasse negli amministratori la volontà di cedere a terzi l’archivio. All’Archivio di Pisa è stato recentemente destinato l’archivio della Nistri-Lischi, buona casa editrice di antica origine, specializzata in opere universitarie, storia della città, letteratura italiana contemporanea. Ma non si è potuto ancora ricoverare la documentazione di Poste italiane spa di pertinenza statale che resta nel possesso di Poste italiane.
Anche i comuni hanno collaborato accogliendo molti archivi: citando in ordine sparso, Firenze ha accolto l'archivio della Società edificatrice fiorentina, legata al “risanamento” urbanistico della Firenze ottocentesca; Pistoia quello della S. Giorgio; Siena quello della farmaceutica Sclavo; Abbadia S. Salvatore, Massa Marittima e Montecatini Val di Cecina i rispettivi archivi minerari (che sono complessi di notevolissima consistenza); il comune di San Giovanni Valdarno il residuo dell'archivio della Ceraminter-Ironstone; Montevarchi quello del Cappellificio La Familiare; S. Casciano V.P. il residuo dell'archivio delle Officine grafiche Stianti; Torrita di Siena quello della Unicoop della zona senese-aretina, con molti aggregati fondi di piccole cooperative; Sesto Fiorentino quello della Sitca-Cartiera Cini e alcuni frammenti di archivi minori della ceramica; Carrara l’archivio della Ferrovia marmifera che è stato dotato di un bell'inventario a stampa e parzialmente restaurato.
Tra gli altri enti pubblici poi va citata la Camera di commercio di Firenze la quale ha accettato di conservare l'archivio della Longinotti e quello del Lanificio Franchi fino a quando non si potrà collocarli altrove.
In quest'opera di salvataggio anche l'Università ha avuto parte, accogliendo in dono l'archivio della Saivo (già Istituto borosilicico). Va ricordata anche la Cassa di risparmi e depositi di Prato che, già prima della fusione col Monte dei Paschi, aveva accolto le carte dello storico Lanificio Cangioli, per il quale però è ora in corso il deposito cautelativo presso l’Archivio di stato di Prato.
Una speranza di poter migliorare la fruibilità delle carte d'impresa ci viene dalle esperienze di riordinamento e di valorizzazione compiute direttamente dalle imprese produttrici, in numero sempre più frequente. Alcune grandi esperienze sono in corso: le ricordo nell'ordine in cui si sono presentate alla Soprintendenza. Citerei dapprima l'Enel, che ha creato da molti anni un archivio storico e che ha iniziato un lavoro di riordinamento avvalendosi di un gruppo esterno. Purtroppo per la Toscana però, gli archivi Enel sono in partenza.
La Whitehead Motofides (Alenia Whitehead) ha costituito un archivio e un museo aziendale assorbendo anche parte dell'archivio della analoga impresa Gilardini e forse della precedente Gallinari. Di questa esperienza, tuttavia, so soltanto quello che è stato riflesso in pubblicazioni, non ne ho avuto ancora conoscenza diretta. Vorrei lamentare che, al di là di manifestati intenti, non si è ritenuto di utilizzare la consulenza della Soprintendenza per riorganizzare gli archivi.
La Cooperativa di consumo Toscana-Lazio con sede a Piombino ha promosso la realizzazione del riordinamento dell'archivio con la nostra consulenza, affidandola ad archivisti preparati e realizzando un volume di inventario assai pregevole anche tipograficamente, ricco di molte vecchie fotografie aziendali.
La Solvay di Rosignano ha iniziato una fase di collaborazione con la Soprintendenza archivistica soprattutto grazie al suo capace archivista, Fabio Fadda (che purtroppo è uscito successivamente dall’Azienda) e ha dato vita ad un interessante rapporto col Comune di Rosignano per la valorizzazione del proprio archivio con in prospettiva la realizzazione di un sistema on-line per la visualizzazione degli inventari.
Va ricordata infine la Smi che ha impostato un ampio lavoro creando archivio aziendale unitario (diviso nei due settori “storico” e “societario”, quindi portatore di interessi anche correnti) mediante l’acquisizione di ampi fondi dagli archivi delle varie sedi italiane e da quelli delle società inglobate. La sede dell’archivio societario è ora a Limestre, dove, con investimenti notevoli, la documentazione societaria è stata riorganizzata e riordinata con sistemi informatizzati ed archivistici d'avanguardia. La sede definitiva dell’archivio diverrà lo stabilimento di Fornaci di Barga, sotto il patrocinio della costituenda Fondazione.
Anche la Piaggio per mezzo della propria Fondazione sta recuperando gradualmente dall'immensa mole dei propri archivi i fondi più qualificati. Ci auguriamo che essa possa accogliere anche qualche archivio soggetto a dispersione e magari farsi punto di riferimento per la realizzazione di un censimento più ampio.
Dopo questa carrellata di iniziative possiamo dunque dire che i lavori iniziati nel 1979 hanno prodotto risultati variegati ma positivi; non molto dal punto di vista della valorizzazione gestita dalle imprese, anche se i due ultimi casi citati, nonché quelli della Pirelli, sul quale è ancora troppo presto per pronunziarsi, dell’Enel, della Whitehead, della Magona d’Italia e della Solvay paiono importanti soprattutto per l’effetto trainante che potranno avere. Occorre tenere presente che la Toscana non è storicamente sede di grossa impresa e che gli investimenti per l’immagine e per la storia talora non appaiono giustificati – non è ovviamente un caso che i progetti portanti appartengano ad imprese di ampie dimensioni o a multinazionali. È preponderante invece il fenomeno della conservazione alternativa tramite la presa in carico da parte di soggetti diversi da quelli produttori, sia Archivi di stato (quindi entità legate alla conservazione documentaria dalla legislazione e dalla prassi), sia Comuni i quali si sono assunti il ruolo di mantenere la memoria storica dei loro territori anche negli aspetti socioeconomici.
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