english version
home
editoriale
primo piano
scheda
ica/sbl
recensioni
link
autori
archivio
credits
primo piano

Parliamo ancora di archivi d’impresa
di Giorgetta Bonfiglio-Dosio

Ingrandisci
il testo

La seconda edizione di Archiexpo, l’iniziativa dell’Anai che intende porsi come occasione di incontro e di dibattito su temi particolarmente significativi dell’orizzonte archivistico, è stata dedicata lo scorso mese di novembre agli archivi d’impresa. L’occasione si è rivelata particolarmente opportuna per compiere un bilancio, a ben 35 anni dalla famosa tavola rotonda organizzata dall’amministrazione archivistica, di quanto è accaduto nel settore degli archivi d’impresa. La sensazione, che ha preso corpo durante le tre dense giornate del seminario – le quali hanno previsto non solo interventi, ma anche proiezioni di film e illustrazione di casi, il tutto affiancato dalla presentazione dei più innovativi prodotti delle aziende specializzate del settore – stata, nettamente, quella del constatare la densità di avvenimenti accaduti nel mondo degli archivi d’impresa durante questi ultimi decenni.
Anche di recente le rassegne puntuali si sono succedute, consentendo una conoscenza diffusa delle iniziative messe in campo. Tra le più recenti vanno segnalate quelle di Fabio Del Giudice e da Gaetano Calabrese. Anticipando le conclusioni, devo riconoscere che gli archivi d’impresa, sebbene in sofferenza per alcuni aspetti, godono di una salute molto più florida di archivi prodotti da altri soggetti, pubblici o privati.
Il lavoro compiuto sia a livello teorico, nella definizione delle peculiarità dei questi speciali soggetti produttori e nell’analisi delle specificità della loro documentazione, sia nelle realizzazioni pratiche è notevole: anche se non sono disponibili soluzioni sistematiche, esistono parecchie situazioni di eccellenza che non si trovano con analoghi livelli qualitativi nel settore pubblico. Gli studi e le ricerche sulle imprese e sui loro documenti tipici non sono mancati e hanno contribuito a diffondere la conoscenza del mondo imprenditoriale fra gli archivisti e a creare specializzazioni professionali talora molto spinte. Gli archivisti di oggi hanno preso coscienza della specificità degli archivi d’impresa e hanno acquisito la sensibilità e le metodiche specifiche necessarie a tutelare, conservare, gestire, valorizzare e comunicare in modo adeguato ed efficace la documentazione d’impresa.
Dopo aver constatato gli aspetti positivi, esaminiamo le criticità. Prima di tutto le condizioni di debolezza strutturale e contingente delle Soprintendenze archivistiche, a tutti ben note, hanno allentato l’opera di rilevazione sistematica del patrimonio e gli interventi incisivi iniziati negli anni ottanta del secolo scorso. In secondo luogo, la situazione rimane a pelle di leopardo: accanto ad esempi encomiabili e invidiabili convivono – e sono purtroppo la maggioranza – episodi di disattenzione e di trascuratezza che portano alla perdita e alla dispersione di notevoli porzioni di patrimonio. Se da un lato le realizzazioni di salvaguardia a tutto tondo sono significative, anche perché aprono strade nuove e utilizzano strumenti speso raffinati, specie in campo digitale, d’altro canto non sono disponibili soluzioni sistematiche di salvaguardia sostenute dall’amministrazione archivistica.
Altro elemento positivo è costituito dalla crescente diffusione della consapevolezza storiografica nei confronti della documentazione d’impresa: in tal senso l’alleanza con gli storici si rivela sempre vincente e, rispetto ad esperienze di qualche decennio fa, si riscontra da parte degli storici un maggiore rispetto dei ruoli e un riconoscimento dell’importanza delle preliminari o concomitanti attività di salvaguardia. Nel settore degli archivi d’impresa peraltro l’attività di salvaguardia è sempre stata strettamente connessa a quella della valorizzazione e della comunicazione e, personalmente, ritengo che questa esperienza di reciproca collaborazione scientifica tra archivisti e storici, abbinata a concreti interessi dei soggetti produttori, possa e debba essere esportata in altri settori.
Sono sorti in questi ultimi anni e sono ora variamente operativi su differenti fronti centri di ricerca, istituti, fondazioni, associazioni, che sono intensamente impegnati nell’analisi del mondo e della cultura d’impresa e nella salvaguardia e nello studio degli archivi delle imprese. Esistono infine iniziative editoriali specifiche: newsletter, riviste cartacee e riviste on-line. Nessun altra tipologia d’archivio ha un simile privilegio, se non forse gli archivi militari. Le occasioni d’incontro non sono mancate soprattutto negli ultimi tempi: oltre alla splendida trilogia offertaci dall’Anai-Sezione Friuli Venezia Giulia, ricordo i due recenti convegni Riforme in corsa (svoltosi a Bari nel 2004) – che aveva una specifica sessione dedicata alle imprese – e Gli archivi d’impresa in Sicilia (svoltosi a Siracusa nel 2005), dei quali sono stati pubblicati gli atti.
Esistono però ulteriori elementi di criticità. La stragrande maggioranza delle iniziative riguarda solo gli archivi storici, mentre per la gestione degli archivi in formazione gli imprenditori, salvo eccezioni abbastanza isolate, non si rivolgono a professionalità archivistiche, che viceversa potrebbero positivamente contribuire a un miglioramento dell’organizzazione generale dell’impresa stessa.
Inoltre le iniziative relative agli archivi storici rimangono isolate e non coordinate tra di loro, spesso autoreferenziali, non collegate a un autentico sistema di rete. Emerge in sostanza quello che Amedeo Lepre ha recentemente evidenziato anche esaminando i siti web: manca un coordinamento, un disegno unitario, che non si imponga come appiattente, ma che, salvando le vocazioni e le caratteristiche di ognuno, serva come stimolo, come punto di riferimento, come guida a percorsi di qualità, come infrastruttura di effettiva comunicazione nella definizione di linguaggi condivisi: è la sfida del lavoro in rete, che sia progetto culturale oltre che strumento tecnologico.
Altra criticità è costituita dal fatto che le realizzazioni più significative sono sorrette da colossi imprenditoriali, alcuni dei quali, oltre tutto, non hanno sufficientemente consolidato le loro organizzazioni archivistiche. Le medie e piccole imprese, quelle che non hanno né eccessive risorse né capacità di organizzare da sole la conservazione adeguata dei loro documenti né autocoscienza di ruolo, hanno serie difficoltà a salvare la loro memoria, usando esclusivamente le loro forze. Servirebbero risorse consistenti di provenienza pubblica: cosa molto improbabile non solo per la carenza oggettiva di fondi nella contingenza attuale, ma anche per il clima insano di contrapposizione tra pubblico e privato che si è instaurato nella società italiana negli ultimi anni.
L’azione di tutela dell’amministrazione archivistica, peraltro molto inadeguata ai reali bisogni a causa della situazione di contesto che tutti ben conosciamo, scatta solo in seguito alla dichiarazione del Soprintendente e l’individuazione del bene da tutelare è ostacolata, oltre che dalle ben note normative civilistiche sullo scarto, anche dal profilo giuridico delle imprese e dal fenomeno delle multinazionali e del camaleontismo, ben illustrato da Antonella Bilotto. Rimango profondamente convinta del fatto che, quando ci si rapporta al mondo dell’imprenditoria privata global oriented, le norme nazionali abbiano ben poco margine di successo se non sono affiancate da una “conversione” del mondo imprenditoriale alla cultura della tutela e della conservazione del bene culturale in tutte le sue molteplici espressioni, in un programma articolato di crescita civile e politica degli imprenditori e di affermazione della loro identità e del loro ruolo all’interno della società. Anche per questo motivo l’alleanza con gli storici è strategica e l’attività di valorizzazione deve sorreggere quella di conservazione.
Bisogna inoltre insistere sulla formazione adeguata di giovani archivisti da inserire nel mondo delle imprese: naturalmente con le conoscenze adeguate a risolvere i problemi di gestione degli archivi in formazione, anche digitali, oltre di valorizzazione del patrimonio storico.
I problemi dunque sono tutti tra loro connessi: la carenza di norme specifiche (ammesso che servano), la progressiva riduzione delle risorse (sia pubbliche sia interne alle aziende), che mette a rischio la stabilizzazione delle iniziative finora realizzate e compromette la prosecuzione e l’espansione dei programmi futuri, la scarsità di direttive e la scarsa conoscenza di quelle esistenti, la perdurante insensibilità della maggioranza degli imprenditori nei confronti della tutela e della conservazione della memoria e del patrimonio industriale, la conseguente esigua richiesta di archivisti specializzati da destinare alla gestione dei documenti delle imprese, l’inesistenza di soluzioni conservative che consentano una concentrazione a tappeto degli archivi, l’esiguità di percorsi formativi specifici (tranne eccezioni di eccellenza), coordinati con l’intero sistema formativo specifico.
Se si considerano i profondi e significativi rapporti delle industrie con il contesto geografico e sociale nel quale sono insediate e si tiene conto delle innovazioni istituzionali più recenti, si sarebbe tentati di ipotizzare un ruolo viepiù incisivo degli enti locali per la conservazione della memoria di un territorio. Qualche tentativo in tal senso è stato compiuto, ma bisogna riconoscere che non sempre i risultati sono stati soddisfacenti e che il cammino da percorrere è ancora lungo. Dilatare le competenze dell’attuale rete degli Archivi di stato o affiancarla con una rete similare destinata ad accogliere gli archivi prodotti sul territorio da soggetti giuridici, pubblici e privati, diversi dallo stato potrebbero essere due ipotesi ugualmente realizzabili, a patto che si trovino le risorse necessarie e che si trovino in fretta.
Resta comunque prioritario procedere a un coordinamento delle iniziative, a una discussione sui metodi e sui requisiti di qualità, continuare con le ricerche scientifiche e soprattutto con la valorizzazione, che deve comprendere sia la comunicazione efficace delle caratteristiche e dei valori della civiltà imprenditoriale sia la comprensione delle manifestazioni di tale civiltà, interpretate ciascuna in base alle proprie caratteristiche, ma presentate in modo armonico e correlato. In queste operazioni – e in questo settore più che in altri – l’archivista dovrà intensificare i rapporti con le altre professionalità e collaborare per la realizzazione di prodotti intellettuali ampiamente spendibili.
Torna indietro

 
in primo piano
home editoriale primo piano scheda ica/sbl recensioni link archivio autori credits


Copyright 2008 © Fondazione Ansaldo, Centro per la cultura d'impresa