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Le forme immateriali del capitale d’impresa: riflessioni sull’impiego economico delle risorse umane
di Giuditta Brasca

 
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Le risorse umane
Capitale umano e cultura d’impresa
Il valore economico delle risorse umane
Bibliografia

Le risorse umane

L’idea di “risorsa umana” si afferma nella seconda metà del secolo scorso. Il tema del valore e della valorizzazione “umana” della persona all’interno della realtà d’impresa, concepita come capitale fondamentale e patrimonio dell’azienda stessa, non faceva parte dell’approccio e della visione imprenditoriale concepita da Frederick Winslow Taylor e consolidata in epoca fordista.
Le ricerche di Hawthorne, dirette da Elton Mayo tra il 1927 e il 1932, la nascita della Scuola delle Human Relations, i dibattiti accademici della metà del Novecento e le trasformazioni economiche e di mercato intervenute soprattutto dopo gli anni settanta del secolo scorso, hanno contribuito a definire nuove modalità di organizzazione e di gestione aziendale, iniziando a formulare e a rendere concreto un nuovo tipo di filosofia manageriale: si è cominciato a parlare di risorse umane e a pensare in modo diverso al significato e al valore delle persone impiegate nel contesto d’impresa.
Questo processo, teorico e pratico, ha portato ad un’inedita centralità della persona, intesa nella sua individualità, preziosità ed in tutti i suoi aspetti relazionali e di competenze, come elementi determinanti dal punto di vista creativo (nel senso particolare di ingegnoso, immaginoso, brillante e nel senso lato di pertinente alla creazione, soggetto creatore, che può creare).

Capitale umano e cultura d’impresa

A partire da ciò, è possibile aprire uno spazio di riflessione relativo all’impiego economico di questo patrimonio umano intangibile ed al genere di attività produttiva che si sviluppa a partire dalla filosofia aziendale delle risorse umane. Essa contribuisce in modo attuale a sollecitare un discorso sul tipo di responsabilità che la cultura d’impresa è chiamata ad assumere nei confronti di questo capitale, concepito come condizione del successo.
In primo luogo è importante considerare come un orientamento manageriale fondato sulla cultura delle risorse umane operi in direzione di un ampliamento significativo dell’oggetto di produzione dell’azienda. Oltre ai beni ed ai servizi di consumo da offrire sul mercato, l’azienda è ora interessata anche a produrre, scambiare ed investire un insieme immateriale di fattori produttivi, intangibili ed inafferrabili, ma soggetti a precise valutazioni e misure, individuabili tra le caratteristiche soggettive, i talenti personali e le facoltà intellettive, creative e progettuali degli individui. Produrre, dunque, non significa più soltanto creare un oggetto o un risultato collocabile nell’ambito di un mercato esterno di circolazione delle merci, ma anche e soprattutto costruire un complesso di risorse di natura incorporea, ritenute imprescindibili per la realizzazione di qualsiasi altro prodotto.
La difficoltà che si pone a questo riguardo, e forse il paradosso, è quella di definire, dare un prezzo ed un valore economico agli aspetti umani che prendono parte al meccanismo di produzione e dunque quantificare e ricondurre il patrimonio di conoscenze, competenze, qualità e talenti dell’individuo ad un prezzo e alle leggi del mercato. 
L’idea di risorsa umana e lo sviluppo di una concezione aziendale imperniata sul valore del capitale umano come principale fattore produttivo danno origine ad una più ampia possibilità di impiego economico dell’individuo, che si estende fino a comprenderne gli aspetti intellettivi, del carattere e della personalità. Le capacità di mercato dei soggetti e il loro grado di spendibilità, in questo senso, mutano. Gli elementi della soggettività, le doti caratteriali e le inclinazioni affettive e sentimentali diventano, per gli attuali bisogni delle aziende, componenti molto preziose ed assumono un valore economico piegandosi alle condizioni della capitalizzazione e della monetizzazione. Il sapere si fa forza produttiva fondamentale, viene quantificato e si immette nel circuito di acquisto, vendita e scambio di mercato.

Il valore economico delle risorse umane

È rilevante, a questo riguardo, chiedersi se, come e in quali circostanze sia possibile scambiare sul mercato elementi della personalità, conoscenze e competenze intellettive, inserendole in precisi circuiti di vendita ed acquisto con lo scopo di utilizzarle come fattori produttivi nell’ambito dell’odierna organizzazione d’impresa. Che le componenti intangibili della soggettività siano oggetto di traffico e di attività commerciali rimane indiscusso, così come è certo il fatto che vengono sottoposte a valutazioni di tipo economico e fatte corrispondere a parametri monetari. Allo stesso tempo è difficile credere che il valore di tali elementi possa essere paragonato, nel contesto della compravendita, a quello dei manufatti e degli altri articoli di produzione artificiale. Il sapere, in quanto maggiore forza produttiva, passa attraverso l’interazione della domanda e dell’offerta, assumendo il valore e la forma di un prezzo nel mercato di circolazione delle merci. Alcune facoltà propriamente umane sono immediatamente ritenute incommensurabili, non conformi al calcolo in quanto intangibili, eppure diventano a tutti gli effetti monetizzabili, capitalizzabili, materia di fruizione e funzionalità economica, nonché produttivamente valide e per questo commercializzabili. Per essere acquisite all’interno di un’azienda e venire adoperate come fattori di produzione, le proprietà intangibili della persona sono soggette ad una quotazione in denaro.
Prendere in considerazione questo processo offre la possibilità di approfondire il problema generale della definizione di equivalenti monetari per componenti umane e rapporti sociali, spesso pensati spontaneamente, per antonomasia, come irriducibili a qualsiasi condizione di mercato. In altre parole, diventa interessante domandarsi come si determinano i parametri di valorizzazione della persona, in particolare dei suoi attributi caratteriali, delle sue qualità e dei suoi talenti, con l’obiettivo di renderli disponibili ad un utilizzo economico. Nel momento in cui conoscenze, competenze, motivazioni, inclinazioni, creatività, doti personali e tendenze attitudinali dell’individuo vanno a costituire la materia prima su cui si fonda l’attività produttiva, diventando i fattori portanti del capitale di risorse d’impresa, è lecito chiedersi: a chi appartiene questo capitale? In quali circuiti di mercato si scambia? Chi ne decide il prezzo e in base a quali criteri? Chi lo detiene? È assoggettabile alle leggi della domanda e dell’offerta? È inflazionabile? Deflazionabile? Si può investire, risparmiare, depositare, accumulare? Come interpretare il concetto di capitalizzazione quando applicato ad un essere umano?
È certamente impossibile offrire un riscontro immediato e risolutivo a tali interrogativi. Si tratta, piuttosto, di un tentativo volto ad aprire uno spazio di riflessione che possa sollecitare un confronto su un tema così attuale.

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