Il
rapporto che esiste tra
Camere
di commercio e
cultura d’impresa
è strettamente correlato alla natura stessa
degli enti camerali che, per preciso ruolo istituzionale,
svolgono funzioni di interesse generale per il sistema
delle imprese, di cui curano lo sviluppo nell’ambito
delle economie locali.
Le imprese rappresentano un universo
composito ed esprimono interessi molto
spesso divergenti. Per tutelarle e favorirne la
crescita nell’ambito dei rispettivi sistemi
territoriali occorre avere una conoscenza approfondita
e aggiornata di tale universo. Conoscenza
che consenta di leggere, anche in prospettiva, le
linee di sviluppo, le criticità, i bisogni
espressi e le esigenze avvertite.
Le Camere di commercio, in quanto anagrafe delle
imprese, sono poi un punto di osservazione
privilegiato e un termometro di questo
mondo: raccolgono e dispongono di dati quantitativi,
qualitativi e di tutta una serie di elementi che
definiscono, in maniera sufficientemente nitida
e precisa, le caratteristiche dell’universo-imprese
e delle sue molteplici componenti. E la conoscenza
è uno strumento imprescindibile per delineare
politiche e progettare azioni concrete
– mirate e ed efficaci - di sostegno allo
sviluppo delle singole imprese, dei sistemi d’imprese
e dei relativi sistemi territoriali.
Quando si adotta un approccio di sistema, che è
quello tipico delle Camere di commercio, certamente
i numeri sono importanti: numero di imprese, numero
di addetti, fatturato, contributo alla creazione
di ricchezza complessiva, apertura verso l’esterno.
Ma la dimensione qualitativa –
sociale, relazionale, culturale, storica –
è assolutamente centrale. Perché ogni
intervento è mirato alla valorizzazione,
alla diffusione, alla salvaguardia, all’integrazione,
all’accrescimento dei grandi patrimoni - di
saperi e di saper fare, di relazioni e di prassi,
di attitudini e di spirito imprenditoriale - che
sono, al tempo stesso, la ricchezza
e la cultura delle nostre imprese
e dei nostri sistemi d’impresa.