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Impresa e cultura: una realtà che cresce
Museo Piaggio, Pontedera
14 novembre 2006

Recensione di Elisa Barbanti

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Programma del convegno

Lo scorso 14 novembre 2006 si è tenuto, presso la prestigiosa sede della Fondazione Piaggio a Pontedera (PI), il convegno dal titolo “Impresa e cultura: una realtà che cresce”. L’appuntamento, inserito all’interno della quinta edizione della Settimana della Cultura d’Impresa, ha presentato, grazie ad un articolato calendario di eventi in numerose città italiane, stimolanti proposte di lettura della storia del nostro paese, raccontate attraverso il patrimonio culturale delle imprese.
Nata nel 1994, per volere dell’allora Presidente Giovanni Alberto Agnelli e dei responsabili del Comune e della Provincia pisana, la Fondazione Piaggio è attualmente una delle testimonianze più significative della volontà di un’impresa ultracentenaria di ricostruire e valorizzare la propria storia e, con essa, di contribuire alla crescita della società civile. La giornata, a cura di ISIA (Istituto superiore per le industrie artistiche di Firenze) e della Fondazione toscana, è divenuta anche occasione di presentazione di una mostra sul design, considerato come un interessante punto di incontro tra creatività e tecnologia, ed è stata inaugurata al termine dei lavori.
Alla tavola rotonda, svoltasi nella mattinata, hanno partecipato studiosi ed esponenti di primo piano del campo della cultura d’impresa. Gli interventi del pomeriggio, viceversa, incentrati sul tema della responsabilità sociale delle imprese, sono stati moderati dal Presidente della Fondazione Piaggio Tommaso Fanfani e hanno visto gli interventi di Omar Calabrese e Rodrigo Rodriguez.

Il dibattito del mattino è stato moderato da Giuseppe Paletta, direttore del Centro per la cultura d’impresa di Milano ed introdotto da Davide Ravasi dell’Università Bocconi.
L’introduzione dello studioso ha sottolineato il legame dell’impresa con il proprio territorio d’insediamento. Dalle sue parole si evince che il perno dell’identità di un’impresa risiede principalmente nella proprietà ed il museo, in questa ottica, diviene il luogo preposto alla valorizzazione di alcune delle risorse di un’impresa. La prima relazione è stata tenuta da Carolina Lussana, direttrice della Fondazione Dalmine, ubicata nella provincia bergamasca. L’archivio dell’impresa, produttrice di tubi in acciaio senza saldatura, rappresenta la sede fisica della memoria storica di una realtà industriale italiana ed è stato affidato interamente alla Fondazione che si è costituita come un ente senza scopo di lucro. La Lussana ha sollevato lo spinoso problema della continua evoluzione dell’identità di un’impresa che deve fare i conti con processi di crescita discontinui e con una pluralità di punti di valorizzazione. Oggi, il valore degli archivi aziendali può aumentare se si è in grado di mutarli in luoghi d’interesse per le imprese stesse e per il pubblico. Secondo la Lussana una delle sfide più importanti del presente è quella di dover fluire con i cambiamenti e  di convivere con la discontinuità.
Su un piano diametralmente opposto si è tenuto l’intervento del presidente della Galleria Ferrari,  Giuseppe Perfetti, che ha posto il problema dell’immagine del luogo museale di una grande azienda che da sempre rappresenta un prodotto vincente in tutto il mondo. Il museo-galleria, in questo caso, diviene la vetrina di un’impresa che trova nella competizione sportiva l’affermazione del proprio successo nel mondo. Oggi, ha sostenuto Perfetti, la sfida maggiore per archivi e musei aziendali è quella di richiamare l’attenzione su di sé, facendo coesistere il concetto d’identità con la pluralità delle vaste proposte di valorizzazione. Il successo del museo Ferrari gioca sull’elemento emozionale suscitato nello spettatore tramite il principio della competizione sportiva, che è l’emblema del suo potere nel mondo. Questa realtà museale è, pertanto, l’esempio di una impresa che identifica la propria missione nella creazione di un mito. A differenza di Perfetti, l’intervento di Alessandro Lombardo si è incentrato sulla testimonianza dell’attività dell’Archivio Ansaldo, modello di archivio economico territoriale. Lombardo ha introdotto i problemi legati agli archivi come luoghi in cui si produce cultura ma, poiché alcuni non hanno una fruibilità immediata da parte del pubblico, hanno il compito di trovare motivazioni differenti e soddisfare, invece, le richieste di un paese alla ricerca d’identità e memoria collettiva.
Deontologia scientifica e culturale da un lato, competizione ed immagine dall’altro conducono studiosi ed addetti ai lavori davanti ad un bivio: come coniugare la ricerca della verità storica con la creazione di un mito? La questione rimane sempre aperta.
Ha concluso gli interventi della mattinata Elisabetta Bettio, responsabile dell’archivio della Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, che si è addentrata nella spiegazione dei problemi metodologici e di approccio ad un archivio di una banca in quanto struttura logica ed esperienza unica ed irripetibile.

I lavori sono ripresi alle 15 con gli interventi del critico d’arte ed esperto di comunicazione Omar Calabrese e di Rodrigo Rodriguez, Presidente Isia e Vicepresidente dell’azienda d’illuminazione Flos. L’intervento di Calabrese si è incentrato sul significato di responsabilità sociale d’impresa, da cui deriva la scelta dell’investimento nel campo della cultura. Le frontiere della responsabilità sociale sono due: la produzione di artefatti e il concetto di Intangibile Assets, ovvero il patrimonio immateriale che considera l’impresa come produttrice di capitale umano, relazionale e organizzativo. Fra questi assets compare la salvaguardia della memoria che è l’aspetto durativo della responsabilità sociale; per questo perdere la memoria storica significa, per Calabrese, abbandonare il ricordo della stessa responsabilità sociale.
Il pomeriggio si è concluso con l’intervento di  Rodrigo Rodrigez che ha introdotto la mostra sul design.

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