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Linda Giuva, Stefano Vitali, Isabella Zanni Rosiello, Il potere degli archivi. Usi del passato e difesa dei diritti nella società contemporanea, Bruno Mondadori, Milano 2007
Recensione di Paola De Ferrari

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Il 19 giugno è stato presentato a Roma, alla presenza del ministro Rutelli, nella sede dell’Istituto per l’Enciclopedia Italiana, un libro che riempie un vuoto nella riflessione sull’uso e il ruolo degli archivi nell’attuale scenario sociale e politico. I tre saggi di cui è composto affrontano gli “agenti del mutamento” che hanno cambiato il rapporto tra archivi e potere politico (che ha con loro un legame forte, “genetico”) trasformando e innovando il “potere degli archivi”, ovvero il loro modo di porsi al servizio delle esigenze dei cittadini e delle comunità. Tra questi agenti di trasformazione, Stefano Vitali nell’introduzione individua specificamente la “riconfigurazione degli equilibri internazionali nello scorcio del XX secolo e i processi di globalizzazione”, e ne percorre gli esiti anche a livello dell’immaginario collettivo. Un aspetto innovativo del saggio di Vitali, dedicato a “Memorie, genealogie, identità” è l’approfondimento e la sfaccettatura dell’immagine degli archivi rappresentata in film, saggi, romanzi, da Totò a Saramago. I media come sismografi ne registrano i cambiamenti, che l’autore interpreta con finezza. Quanto ha influito la trasformazione dell’idea dell’archivio (strumento di memoria, memoria “esterna”) sulla nuova domanda di fruizione e sulla creazione di archivi di nuovo genere, al di fuori delle istituzioni classiche? Vitali affronta anche la recente diffusione degli archivi personali, come “testimonianze del sé” – e il cambiamento degli utenti (che anche in Italia, come nel mondo anglosassone, vede aumentare esponenzialmente la percentuale di coloro che si rivolgono agli archivi alla ricerca delle radici della propria famiglia o comunità) e i molteplici aspetti, senza nascondere alcune ombre e ambivalenze.
Linda Giuva nel saggio “Archivi e diritti dei cittadini” fa i conti con un tema fondamentale: il segreto archivistico, reale o fantasticato, a volte inquietante “cuore di tenebra” del rapporto con il potere. L’autrice volge uno sguardo analitico sul mondo globalizzato dove, dagli USA al Cile, dalla Francia all’Australia all’Italia nessun paese e sistema politico è indenne da abusi e storture. Nonostante la mutata sensibilità culturale, che ha posto nel mondo l’accento sui diritti dei cittadini nei confronti dello stato, tra i quali il diritto alla riservatezza, il diritto all’informazione e alla trasparenza, e nonostante le varie riforme e il codice etico degli archivisti, “ci sono zone d’ombra, anche nei regimi democratici, chiamate da Bobbio insuccessi della democrazia”. Pare che gli archivi della contemporaneità siano segnati da una sorta di ossimoro: archivi nati dalle dittature novecentesche, in Europa e in America latina, gli “archivi del terrore”, sono diventati una fonte di conoscenza e di rivendicazione di diritti per le vittime delle repressioni. Così, non è l’abolizione o riduzione del segreto che può portare a una maggiore democraticità degli archivi - in molti casi ha aggravato la tendenza autodifensiva degli apparati, con pratiche omissive e fuorvianti - ma una regolamentazione accorta delle pratiche di segretazione, un “segreto trasparente”, sempre tenendo conto del conflitto politico di cui gli archivi sono, anche, campo di battaglia.
I problemi che Vitali e Giuva affrontano diventano pienamente intelleggibili nella cornice del saggio introduttivo di Isabella Zanni Rosiello: un grande affresco, anche se a rapide pennellate, del lungo percorso degli archivi attraverso i secoli, delle trasformazioni politiche e culturali che hanno di volta in volta influito sulla concezione degli archivi nei rapporti con l’istituzione, con la società civile, con la storiografia. Le domande che l’autrice si pone, e le risposte che avanza, dal cuore di una lunga e preziosa esperienza professionale, sono punti di riferimento per tutti, in direzione di un dibattito archivistico che affronti non solo le grandi trasformazioni tecnologiche e organizzative, ma anche le questioni politiche e sociali con le quali è indispensabile fare i conti.

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